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Un discernimento che coinvolge tutta l’associazione

Elisabetta Taverna, presidente diocesana Ac

«Per riscoprire uno stile e un tessuto di relazioni che lasciano un’impronta nel tempo»

Elisabetta, cosa rende particolare questo anno di Ac?
«Questo anno, sarà caratterizzato dal percorso assembleare che ogni tre anni coinvolge tutta l’associazione, dal livello parrocchiale a quello nazionale. Ricorre inoltre un anniversario doppiamente importante: il 50° del rinnovo dello Statuto dell’Ac e della nascita dell’Acr (Azione Cattolica dei Ragazzi). Ci sta a cuore che non si riduca a una formalità. Abbiamo l’opportunità di dare un contributo personale a un esercizio di discernimento che ha lo scopo di rafforzare i passi già compiuti e di aprire nuove prospettive basate su esigenze reali e non su modelli ideali. Desideriamo che l’assemblea diocesana del 9 febbraio sia una tappa costruita insieme, in cui dare voce all’associazione che siamo, con limiti e potenzialità. Ci sono risorse davvero preziose da riconoscere. Penso per esempio che come Chiesa, e in essa come Ac, abbiamo la responsabilità di ascoltare e accompagnare le tante persone che non possono garantire presenze continuative. Certe assenze non sono per mancanza di interesse e motivazione. Anzi esprimono domande forti da parte di chi si misura con ritmi famigliari e lavorativi difficili da conciliare, con passaggi di vita che incidono fortemente sulla quotidianità. Non possiamo diventare gruppi di “addetti ai lavori”, è uno stile a cui l’Ac nazionale ci richiama da tempo e che testimonia concretamente con una grande attenzione a ogni singola realtà locale».

A Torgnon le riprese di una video-esperienza

A proposito di attenzione dell’AC nazionale, sappiamo che è in uscita un video girato a GiornInsieme…
«Il cammino annuale proposto dal Settore Adulti ai gruppi di tutta Italia contiene cinque video-esperienze, testimonianze raccolte in diverse diocesi. A noi è stato chiesto di raccontare le esperienze intergenerazionali (GiornInsieme e la Festa Popolare) vissute nella Casa Maria Nivis, luogo ricco di storia in cui continuano a intrecciarsi in modo significativo tante storie. Abbiamo accolto la richiesta con stupore e un po’ di preoccupazione. Con tutte le associazioni diocesane più attive e organizzate della nostra, perché scegliere proprio noi? Alla fine, superato l’imbarazzo delle telecamere, realizzare questo video è stato positivo; è importante abituarsi a raccontare, a rendere patrimonio condiviso ciò che viviamo. E poi ci ha aiutato a riflettere su quanto l’esperienza dell’Ac non è semplicemente un “fare tante cose”: è prima di tutto uno stile di partecipazione e un tessuto di relazioni che lasciano nella vita delle persone un’impronta riconoscibile anche a distanza di tempo e in altri contesti».

È per evitare di “fare tante cose” che avete deciso di non mettere più a calendario la festa diocesana della pace?
«Può sembrare paradossale togliere dal calendario la festa diocesana della pace, che ormai da diversi anni vedeva la partecipazione di centinaia di persone di ogni età. È un richiamo a focalizzare l’attenzione sul percorso – l’intero Mese della Pace – più che sul singolo evento, innescando una serie variegata di iniziative locali da realizzare a livello parrocchiale o zonale e di cammini che si possano vivere anche personalmente, in famiglia, in piccoli gruppi spontanei, scambiandosi contributi a distanza. Si spazierà dall’incontro di preghiera al grande gioco, dalla mostra al world caffè, ad altre forme originali che potranno svilupparsi con il contributo di ciascuno. Per il cammino personale cercheremo anche di sfruttare i social, allenandoci a farne un buon uso».

Nonostante il successo della scorsa estate, anche quest’anno ci sarà un solo campo scuola Acr. Come mai?
«Sappiamo già che non potremo soddisfare tutte le richieste di partecipazione al campo scuola e, come la scorsa estate, ci costerà tantissimo dire dei no ma si tratta di una scelta di responsabilità e di rispetto nei confronti di chi dimostra così tanta fiducia nella nostra proposta. Auspichiamo di tornare a realizzare più turni di campi scuola ma per farlo è indispensabile che l’Acr viva un cammino continuativo durante l’anno e che si investa nella formazione di nuovi educatori. Al momento si sono inseriti animatori giovanissimi davvero promettenti. La loro scelta di iniziare questo servizio con i più piccoli è maturata partecipando al cammino formativo del Settore Giovani e alle proposte del Movimento Studenti. È proprio questo il punto su cui insistere: non si diventa animatori perché nei nostri gruppi non ci sono alternative per coinvolgere gli adolescenti, non è solo questione di imparare delle tecniche o acquisire un metodo. All’Acr per i suoi 50 anni vogliamo restituire la sua dimensione più autentica. È in realtà un regalo per i nostri ragazzi e per la nostra Chiesa quindi chiediamo ai parroci, ai catechisti, ai genitori di sostenerci. Il primo passo? Interessarsi a tutto quello che proponiamo oltre ai campi scuola estivi».

Andrea Allegra

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