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Lo schiaffo di Bergoglio all’umana impazienza

Il #granellodisenape di Enzo Governale

Le immagini di Bergoglio che la sera del 31 dicembre 2019 schiaffeggia la mano di una signora in piazza San Pietro hanno fatto in pochissimo tempo il giro del Web e hanno scatenato reazioni opposte (oltre che molta ironia). C’è chi ha detto che la Chiesa ha perso di credibilità: «Lo schiaffo di Bergoglio è la prova che siamo tutti tolleranti e votati all’amore universale, finché non ci rompono»; e c’è chi invece è d’accordo con il Papa sottolineando che l’insistenza di quella donna avrebbe fatto perdere la pazienza a chiunque. Francesco ha sbagliato a reagire in quel modo: lui è il Papa e ciò che fa un leader ha un peso maggiore sull’opinione pubblica. Ma il giorno dopo, mentre guardava quella stessa piazza, ha detto: «Tante volte perdiamo la pazienza, anche io. Vi chiedo scusa per il cattivo esempio di ieri».

In questa frase, pronunciata davanti a migliaia di persone, lo schiaffo arriva a noi. In questi anni difficili per la Chiesa, siamo tutti dei “papa Francesco” perché le nostre azioni rappresentano la Chiesa. Qualsiasi cosa si faccia o si dica ci rende testimoni positivi o negativi. Lo schiaffo di Bergoglio arriva a noi e ci insegna che si sbaglia (a volte è inevitabile) ma anche che è possibile accorgersene e poi rimediare. La verità è che di schiaffi papa Francesco ce ne ha dati moltissimi in questi anni, ma spesso non ce ne siamo neanche accorti perché ciò che ci colpisce di più è proprio la “normalità”: perdere la pazienza può capitare a tutti.
L’umana impazienza di Jorge Mario Bergoglio ci dice proprio questo, che le parole hanno maggiore valore se legate ai fatti e che i fatti possono sostenere o affondare anche il più bel discorso: Gesù è la Parola, ma si è fatto carne.

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