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Voci dal corso per operatori pastorali

L’intervista a don Dino Barberis

Giovani e “cristianesimo per scelta”: capire la Chiesa di oggi per annunciare il Vangelo

Molti di loro si dichiarano atei ma sotto sotto sono in ricerca, sono molto attenti all’aspetto della spiritualità e si lasciano coinvolgere più volentieri in pellegrinaggi e grandi eventi piuttosto che dirsi appartenenti ad una religione: per annunciare Cristo ai giovani d’oggi bisogna avere un quadro chiaro di quella che tecnicamente viene definita “religiosità giovanile”. I contorni di quest’ultima, assieme ad un’analisi sociologica della chiesa in Italia oggi, al corso “Annunciare Cristo in una società multiculturale” (leggi anche Annunciare Cristo in una società multiculturale) li ha dati don Dino Barberis, docente di sociologia della religione alla facoltà teologica di Torino e di filosofia della religione e sociologia delle comunicazioni all’Istituto di Scienze religiose di Alessandria, nonché direttore della Gazzetta di Asti, il settimanale diocesano.

Professor Barberis, anzitutto per annunciare il Vangelo nella società contemporanea dobbiamo capire che Chiesa abbiamo davanti. Ci aiuta a capire la situazione italiana?
«Partiamo subito con il dire che non esiste una Chiesa italiana dal punto di vista sociologico, ma più modalità di vivere ed esprimere la propria fede religiosa. Nel Nordovest ad esempio c’è una chiesa più secolarizzata, simile alla situazione francese: bassa appartenenza e bassa pratica. Il fatto di partecipare alla messa o alla vita di parrocchia è data da una decisione consapevole e non dalla forza della tradizione. Ci sono luoghi dove naturalmente la tradizione resiste, ma quello che si sta affermando è una religione “di scelta”. Nelle parrocchie liguri e piemontesi gli anziani partecipano per tradizione mentre i giovani o vengono o non vengono. Se sono presenti anche qui è per una scelta consapevole, non perché in chiesa trovino altri giovani o per “trascinamento”. La situazione lombarda è legata all’attivismo tipico della regione: sul piano strettamente sociologico, il fatto che in alcuni oratori vi sia un viceparroco che abita nei pressi dell’oratorio e che sia totalmente dedicato alle sue attività possiamo dire che renda le parrocchie quasi simili a delle aziende. Nel Nordest abbiamo una situazione apparente di grande religiosità, ma spesso i valori dominanti sono quelli proposti dalla Lega: potrà anche esserci una forte presenza in chiesa, ma la pratica di vita viaggia su altri binari. L’Italia centrale ha un modo di esprimere la fede molto battagliero sul piano delle posizioni, una specie di “militanza” nell’essere chiesa. Ad esempio a Bologna con il cardinale Zucchi si sta battendo molto su temi di rilevanza sociale come la lotta alle povertà. Al Sud la fede delle persone è ancora molto legata alla tradizione, si esprime con una forte partecipazione alla pietà popolare, alle feste patronali e le processioni».

E per quanto riguarda i giovani? Può darci uno sguardo sociologico sulla fede dei ragazzi?
«In Italia ci sono molte ricerche sulla fede giovanile, anche recenti (come “Piccoli atei crescono” di Franco Garelli del 2016). Quello che emerge dalle ultime è che c’è un cambio di orizzonte: prima si professavano indifferenti o dubbiosi, ma si facevano rientrare nella categoria del “credente non praticante”, mentre ora si dichiarano direttamente increduli: per questo motivo le percentuali di giovani aderenti alla fede cattolica sono crollate. Va sottolineato però anche il fenomeno che possiamo definire del “cristianesimo per scelta”, ovvero il ritorno alla fede in età più consapevole: ad esempio, ci sono tanti percorsi pensati per ragazzi che hanno fatto la cresima, si sono allontanati per un periodo e poi riscoprono la fede. Il tema è sempre come si allontanano: se si allontanano bene, possono rientrare, ma se il distacco avviene con una rottura (perché non si sentono compresi o perché si sentono giudicati) non rientrano. Quindi i percorsi sono vari e frastagliati. L’ultimo fattore da tenere presente è che questi giovani sono molto attenti non alla religione ma alla spiritualità, che da una parte può sembrare un concetto più vago ma dall’altra comporta una maggiore attenzione e partecipazione alle pratiche religiose come pellegrinaggi, Gmg, eventi, uso della musica e dell’arte in chiave spirituale».

Zelia Pastore

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