Verso il Referendum costituzionale sulla riduzione dei parlamentari
Dopo un’estate a dir poco anomala, gli italiani torneranno a votare anche in tempo di Covid. Domenica 20 e lunedì 21 settembre saremo chiamati a esprimerci per il referendum costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari: da 945 a 600. Bisognerà scegliere tra Sì e No, e non servirà il quorum di validità. Ma non è tutto. Si voterà anche per le Regionali in Campania, Liguria, Marche, Puglia, Toscana, Veneto e Valle d’Aosta; per le votazioni suppletive del Senato in Sardegna e Veneto, e per le elezioni amministrative in 962 comuni del nostro Paese. Abbiamo provato a raccontarvi il senso di questa prossima tornata elettorale, caratterizzata anche dalle norme anti-Covid. Vogliamo riportare il pensiero dei due schieramenti, del Sì e del No, e anche quello degli “indecisi”. Secondo i dati di Euromedia Research, infatti, 4 italiani su 10 non hanno ancora preso una decisione in merito. Buona lettura, quindi, e… buon voto!
Italiani alle urne, non solo per il referendum
Regionali. Si svolgono anche le elezioni regionali per sei regioni a statuto ordinario (Campania, Liguria, Marche, Puglia, Toscana e Veneto) e una a statuto speciale (Valle d’Aosta).
Senato. Mentre, sempre in questa data, si va alle urne per le votazioni suppletive del Senato per la Sardegna (Collegio plurinominale 01 – Collegio uninominale 03 Sassari) e per il Veneto (Collegio plurinominale 02 – Collegio uninominale 09 Villafranca di Verona).
Comunali. Infine, si vota anche per eleggere il sindaco il 962 comuni del nostro Paese. Tra questi nella nostra Provincia si voterà a Valenza, Borgoratto Alessandrino, Frassinello, Moncestino, Pietra Marazzi, Gavi, Carrega Ligure, Rocca Grimalda, Volpedo, Cassine, Montacuto, Gamalero, Rivalta Bormida e Castelletto d’Erro.
Per approfondire
Un sistema elettorale in continua evoluzione… o quasi
Da 29 anni a questa parte sono stati sei i tentativi di cambiare il sistema elettorale tramite referendum. Il primo risale al 9 giugno del 1991 quando gli italiani vengono chiamati al voto per ridurre le preferenze da tre a una nel voto per la Camera dei deputati. Il risultato è plebiscitario: l’affluenza è di oltre il 62% e i Sì raggiungono il 95,6%.
Tra gli otto quesiti proposti agli italiani il 18 aprile 1993, uno di questi riguarda l’abrogazione di parti della legge elettorale per il Senato per introdurre il sistema maggioritario (un esito che porterà il Parlamento a scegliere un sistema come il Mattarellum). L’affluenza è del 77%, vincono i Sì con l’82,7%.
Il successo, invece, non viene però replicato nel 1999 quando non viene raggiunto il quorum sul quesito che chiede di cancellare la quota proporzionale: i votanti si fermano al 49,6%. Bassa anche la partecipazione ai referendum dell’anno successivo, il 22 maggio 2000, sui rimborsi elettorali e sull’abolizione della quota proporzionale (32,5% alle urne).
Il punto più basso viene toccato con la tornata del 21 e il 22 giugno 2009 quando tre quesiti provano a modificare il Porcellum del 2005: l’affluenza alle urne (23,4%) tocca il suo minimo mai raggiunto nella storia della Repubblica.
L’ultimo tentativo, quello di modificare il Porcellum via referendum, è invece andato a vuoto: il 12 gennaio del 2012 la la Corte costituzionale ritiene “inammissibile” il referendum proposto dalla Lega per un ritorno al sistema maggioritario.
Testi a cura di Alessandro Venticinque
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