Il #granellodisenape di Enzo Governale
Ho sempre stimato Gesù per aver deciso di nascere in questo mondo senza terra, senza casa, senza averi o meglio, senza avere. Jacques Lacan (per chi non seguisse l’imitazione di Recalcati che fa Maurizio Crozza, Lacan è psicoanalista, psichiatra e filosofo francese) diceva questo: “Amare è dare all’altro quello che non si ha”. Quante ne sa Giacomino. Ma cosa vuol dire? E soprattutto, cosa c’entra con Gesù? Partendo da questo concetto, possiamo dire che Gesù ha amato moltissimo fin dalla nascita, perché non aveva niente. Nascere in una stalla, mentre si è in viaggio, significa proprio questo: non possedere nulla. Forse Lacan intendeva dire che se non ho niente, se non possiedo nulla, allora nel dono dell’amore posso solo essere sostanza, il dono stesso.
L’altra cosa bella dell’aver scelto di nascere in una stalla è la logica dello spazio. Per ricevere un dono (come dicevamo la volta scorsa) occorre fare spazio togliendo pian piano oggetti, affetti, bisogni, fatiche che ci riempiono la vita ma che di fatto occupano solo volume, perché hanno poca sostanza. Questa operazione di “sgombero” ci fa paura perché il vuoto mette in evidenza le nostre povertà: abbiamo paura di ritrovarci soli e forse anche per questo preferiamo tenerci nel cuore qualche sofferenza in più, vecchie paure e una serie di pensieri negativi (che però già conosciamo e per questo ci rassicurano). Dobbiamo trovare il coraggio di provare in prima persona l’esperienza del vuoto, della mancanza, perché è anche l’unica condizione che permette l’accoglienza: senza spazio non c’è posto per gli altri nella mia vita.
“Amare è dare all’altro quello che non si ha”: ritorna il nostro amato Lacan. Fare spazio all’altro significa amare, significa dirgli: tu mi manchi, qui c’è uno spazio per te. Approfittiamo di questa attesa e un giorno alla volta facciamo un inventario di cosa occupa il nostro cuore: guardiamolo con cura e decidiamo quale valore ha per la nostra vita. Se ci appesantisce e ci rende tristi buttiamolo, facciamo spazio al bene, altrimenti ci stiamo preparando per una festa alla quale il festeggiato non troverà mai posto.