Ospite della prima puntata di “Benvenuti Centauri” è don Vincenzo Pawlos, rettore del Santuario della Madonnina dei Centauri, a Castellazzo Bormida.
Don Vincenzo, ha un minuto per presentarsi a chi non la conosce. Prego.
«Sono un sacerdote e da ormai 13 anni sono il rettore del Santuario di Castellazzo Bormida. In questo periodo siamo nei preparativi per il raduno dei Centauri. Anche se quest’anno il raduno internazionale non ci sarà, per i motivi legati alla pandemia, ma vivremo comunque due importanti momenti di preghiera: il Rosario sabato sera e la Santa Messa di domenica, con la presenza del nostro Vescovo. Come detto, sono rettore da 13 anni, ma provengo da un paese della Polonia. Non sono italiano, e questo lo si può subito sentire dal mio modo di parlare (sorride)».
Il tema di questa sera è la cura. Lei come fa a prendersi cura di una devozione, come quella per la Madonnina dei Centauri, che è così diffusa e sentita?
«Dividerei in tre categorie i Centauri. Ci sono quelli che vengono soltanto una volta all’anno, per il raduno internazionale. Poi ci sono quelli che si fanno vedere più spesso, come per esempio alcuni da Castellazzo o da Alessandria, e organizzano altri eventi oltre al raduno. E poi ci sono i Centauri singoli, per così dire, che vengono spesso al Santuario oltre questi due eventi. Per questo motivo la cura pastorale, dare attenzione, è un po’ complicato… È difficile poter parlare con coloro che abitano lontano dal Santuario, con loro si può dialogare soltanto una volta l’anno. Invece, con quelli che sono sul posto, che si impegnano maggiormente a favore del Santuario, si può fare qualcosa. E devo dire che, di fatto, stiamo facendo diverse cose insieme. E poi ci sono i Centauri che vengono tutto l’anno, questi hanno per me un valore più importante, perché si può parlare anche di temi un pochino più profondi della fede. Ecco, queste sono le tre categorie che bisogna in qualche modo conciliare».
Lei parlava di temi più profondi della fede, ma c’è un tema peculiare che riguarda i motociclisti?
«Non vorrei fare un discorso teologico e dettagliato, ma tutto parte dalle domande esistenziali che ognuno di noi si pone. Ovvero: “Chi siamo?”, “da dove veniamo?” e “dove andiamo?”. Se ognuno si pone queste domande, allora si può avviare anche la ricerca. Qui c’entra il discorso della fede. Perché per parlare di una devozione come quella dei Centauri nei riguardi di Maria Santissima, si corre il rischio di diventare un pochino dei “creduloni”, cioè coloro che si costruiscono da soli la loro fede, scollegata completamente dalla vita della Chiesa. E questo un pericolo. Tanto che io diverse volte dico ai Centauri: “Attenzione signori, perché la moto che voi avete può diventare il vostro “vitello d’oro”. Bisogna evitare questo tipo di approccio”. Il fondamento della vita cristiana, e di ogni tipo di devozione, sono la fede e il rapporto personale che ognuno di noi ha con Gesù Cristo».
Quindi la moto potrebbe diventare un idolo e la Madonnina dei Centauri quasi una superstizione. Ho capito bene?
«Assolutamente, è questo del rischio. Non voglio dare dei giudizi duri, ma nella maggioranza delle persone che vengono è così».
Lei ha un suggerimento per chi vuole intraprendere un percorso di fede, partendo proprio da quella devozione?
«Quando ho fatto questa distinzione tra i Centauri intendevo proprio questo. È molto difficile far qualcosa di più profondo, durante il raduno internazionale, perché c’è tanta gente e i preparativi sono molto impegnativi. Allora, non se ne parla neanche, e tutto viene limitato alle cose essenziali, cioè al Rosario per i Centauri defunti e all’Eucaristia di domenica. Qualcosina in più si riesce fare con coloro del posto cioè con quelli di Castellazzo, che hanno una forte devozione nei confronti di Maria, ma non bisogna dimenticare che sono anche i parrocchiani di questa comunità, in cui vivono la loro vita sacramentale. Poi ci sono quelli individuali, pochissimi, ma con questi si può avviare un certo dialogo più profondo. E proprio da loro chiedo di prendere spunto. In particolare, c’è un gruppetto molto forte che viene tutti gli anni dalle zone di Novara e Vercelli. Loro vengono, si confessano e chiedono qualche direzione spirituale, qualche spiegazione più profonda, per comprendere e vivere meglio la loro fede».