Cammino di San Marco 2021
«Uno degli aiuti più grandi che ho avuto durante il Cammino di San Marco è stato avere accanto Martina, una delle mie più care amiche. Se ero in qualche modo vicina al cattolicesimo prima di questo pellegrinaggio, è sicuramente merito suo. È lei che mi ha invitata a partecipare. Ha una capacità davvero sorprendente di spiegarti le cose e sa rispondere in maniera convincente a ogni mia domanda». Gloria La Barbera a novembre compirà 20 anni: è una ragazza di Alessandria che attualmente sta frequentando il secondo anno di Scienze Politiche a Bologna. Per lei il pellegrinaggio fino alla tomba di San Marco compiuto con la nostra Diocesi quest’estate è stato un punto di svolta che l’ha cambiata per sempre: ce lo siamo fatti raccontare, per interrogarci anche noi.
Gloria, con che animo ti sei messa in viaggio per il Cammino di San Marco? Qual era la tua formazione di partenza?
«Se ripenso alla me della partenza, la definirei una ragazza cattolica per formazione ed educazione, ma atea dentro. Nella mia testa si affollavano mille dubbi, mille domande: non avevo mai trovato nessuno con cui sviscerare l’argomento a fondo, mai nessuno in sostanza che mi avesse mai spiegato che cosa fosse la religione cattolica davvero, a parte Martina. Per questo ho accettato volentieri la sua proposta di partecipare all’esperienza sul fiume».
Ma durante l’ora di religione a scuola non si parlava appunto di religione?
«No. Si leggevano articoli di giornale. Nessuno mi ha mai parlato di Gesù Cristo in maniera approfondita e appassionata».
E poi cosa è successo?
«Dal secondo giorno del pellegrinaggio ho iniziato a sentire un tormento interiore: ero circondata da persone con un forte “bagaglio” religioso e mi sentivo come in difetto, diversa dal gruppo. Percepivo una sorta di ossessione nel voler provare quello che gli altri provavano, ma questo non succedeva mai».
Quando è arrivato secondo te il momento di svolta?
«La svolta è arrivata a Chioggia, una tappa prima di Venezia: eravamo inginocchiati in adorazione, devastati dalla stanchezza, in silenzio. Mi ricordo che il Vescovo durante il cammino ci disse: “Quando si è stanchi fisicamente, l’anima è più attenta”. Io l’ho proprio sperimentato (ride), quasi non riuscivo a tenere gli occhi aperti. Poi dentro di me a un certo punto i momenti di difficoltà nella vita, i periodi di crisi che ho vissuto, tutto ha iniziato ad avere un senso, un suo posto nel puzzle. Mi ricordo di aver alzato gli occhi al cielo e di aver detto: “Grazie perché mi stai facendo capire quello che ho passato nella vita, perchè è successo e come riguardarlo con occhi nuovi”. Ho capito con chiarezza che quello era il momento di affidarsi a Dio».
Cosa è cambiato oggi nella tua vita di tutti i giorni?
«Sostanzialmente, la tranquillità con cui affronto ogni cosa. Durante la giornata mi rivolgo molte volte a Dio, cosa che prima non avrei mai fatto. Avendo mille cose da fare, devo impormi di fermare un attimo la corsa e pregare una decina del Rosario, e trovo così la pace necessaria per le attività della giornata. Non voglio tralasciare neanche la confessione: non mi accostavo al sacramento della riconciliazione da 10 anni e l’ho fatto qualche giorno fa. È difficile dire ad alta voce le cose che ti avvelenano l’anima, ma ho percepito in me un cambiamento forte. Vorrei farlo più spesso».
Rifarai il Cammino di San Marco l’estate prossima? Lo consiglieresti a qualcuno?
«Assolutamente sì, l’anno prossimo ho intenzione di rifare il Cammino comunque sia, in canoa, a piedi o in bici: in ogni caso partirò sicuramente con la Diocesi. Spero tanto che ci siano nuovi pellegrini che si aggiungano al gruppo, però mi piacerebbe anche tanto rivivere l’esperienza con le persone che c’erano quest’anno: è stata veramente profonda, bella e ci vogliamo tutti bene».
Zelia Pastore
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