Home / Alessandria / Un pranzo di Natale per essere più vicini

Un pranzo di Natale per essere più vicini

Intervista a Giampaolo Mortara, direttore della Caritas diocesana

«Anche quest’anno, come nel 2020, il classico pranzo di comunità di Natale non può essere organizzato, per evidenti motivi di sicurezza. E allora si è pensato a qualcosa di alternativo…». A parlare è il direttore della Caritas diocesana, Giampaolo Mortara (in foto qui sotto), che insieme con le persone della Comunità di Sant’Egidio della nostra città da nove anni condividono questa esperienza del “pranzo di Natale”. Non da soli: con loro si sono coinvolti il Lions Alessandria Marengo, Coompany & e la Casa di quartiere di via Verona ad Alessandria. E tutti noi, anche se non coinvolti direttamente, possiamo contribuire con una donazione fiscalmente detraibile: Iban IT67H0303201400010000317308 (Causale: Erogazione liberale Regala il Natale).

Giampaolo, che cosa avete pensato per quest’anno?

«Innanzitutto, vogliamo essere vicini alle famiglie che già conosciamo, o che abbiamo incontrato durante l’anno, con un cesto natalizio: un segno di condivisione a distanza, non potendo stare insieme. Di certo, non risolviamo i problemi ma ci ricordiamo di loro, come degli amici che fanno un regalo ad altri amici».

Come avverrà la consegna?

«Dal 18 al 24 dicembre le famiglie che già vengono da noi al mattino per “fare la spesa” riceveranno dai volontari il cesto. Per loro sarà una sorpresa, e oltre al cesto condivideremo insieme gli auguri natalizi. E poi ci rivolgeremo anche alle persone sole…».

Cosa farete con loro?

«Le persone sole comprendono anche coloro che frequentano le strutture di pronta accoglienza, e anche tutti quelli senza fissa dimora. Con loro il 24 dicembre condivideremo un pranzo, in totale sicurezza, alla mensa della Caritas. Oltre al pranzo arriverà Babbo Natale, che distribuirà i regali a tutti i presenti. Sarà una “calda” sorpresa, che ora non posso svelare».

Chi cucinerà questo pranzo?

«Ci saranno i cuochi della Ristorazione sociale, e i volontari serviranno ai tavoli».

Tutto questo, sicuramente molto bello, è sufficiente?

«La risposta è scontata: no, non è sufficiente. Corriamo il rischio di ricordarci degli ultimi solo in certi periodi dell’anno… ce lo siamo già detti, ma vale la pena ripeterlo: mi sembra che il grande impeto di solidarietà del 2020 stia un po’ scemando. È come se il Covid fosse stato percepito un po’ da tutti come un grande spavento, che ci ha fatto sentire subito più uniti. Poi, però, nel tempo lo spavento è passato e…».

E siamo tornati come prima?

«No, nemmeno… siamo diventati peggiori di prima».

Spiega!

«Io vedo nella realtà quotidiana, forse prima di tutto in me stesso, più egoismo e meno attenzione agli altri. Ma c’è anche qualcos’altro».

Che cosa?

«Facciamo fatica a digerire quello che ci dice il Vangelo…».

Cioè?

«Il Vangelo ti incalza tutti i giorni, e io ho l’impressione di essere messo alla prova. Vado nel personale: quando ti sembra di vivere un momento tranquillo, incontri una persona che rimette tutto in discussione. E magari, per togliermela di torno, le risolvo il problema immediato. Senza cercare di capire le cause, ma per egoismo o perché non ho più voglia di ragionare con quella persona».

Nel Vangelo (Mc 14,7) troviamo queste parole: «Perché i poveri li avrete sempre con voi». Quindi quello che fate è inutile?

«Ci sono giorni in cui lo penso. Ho l’impressione di tornare a casa la sera e di aver “girato a vuoto”. Ma colgo la tua provocazione: quello che facciamo non è inutile, perché tu dai e ricevi. Vedo esperienze belle, anche di felicità. Penso a un senzatetto a cui è stata data una casa, a un disoccupato che ha trovato lavoro o a un migrante che è fuggito dalla guerra e che qui ha trovato accoglienza. E vedo anche esperienze tragiche, di chi non ce la fa. Quante volte siamo andati ad accompagnare al camposanto delle persone bisognose che conoscevamo, e che sono morte in solitudine».

Ma tu e i tuoi collaboratori come fate a “reggere”? Il vostro non è un lavoro come un altro…

«Rispondo per me: la forza di reggere e di reagire la trovo nella fede. E desidero che questo Natale sia un momento per non dimenticare. E per riflettere».

Andrea Antonuccio

Leggi anche altri articoli sulla Caritas:

Check Also

Famiglia come vocazione e missione

Giornata di formazione regionale per la pastorale familiare A San Michele l’incontro con il direttore …

%d