Caritas diocesana
Giampaolo Mortara, direttore della Caritas diocesana, è assai noto ai lettori di Voce. Con lui, in questi anni, abbiamo avuto diversi dialoghi sulla carità, sulla fede e sui poveri. Poveri che, come ha ricordato recentemente il nostro Vescovo alla presentazione della nuova Lettera pastorale, «sono un luogo di incontro del Signore». Partiamo da qui, e dalla “chiamata alle armi” che Caritas ha lanciato da tre settimane, alla ricerca di volontari.
Giampaolo, la Caritas cerca nuovi volontari: quelli vecchi non vanno più bene?
«Assolutamente no. A chi c’è già va il mio ringraziamento per il servizio quotidiano, a cui aggiungo un nuovo compito (sorride): quello di accogliere chi verrà a darci una mano, condividendo la gioia di fare una cosa che serve davvero a tutti».
E allora?
«Cerchiamo nuove forze per diversi motivi. Innanzitutto, siamo in fase di riorganizzazione della mensa, e stiamo facendo un progetto per aprire un emporio di solidarietà per le famiglie».
Apriamo una parentesi: ci spieghi che cosa sarà questo emporio?
«Immaginiamolo come un negozio dove le famiglie e le persone bisognose seguite da Caritas e dalle Unità pastorali potranno fare la spesa, trovando prodotti alimentari e per la casa. La particolarità è che le persone avranno a disposizione gratuitamente un buono mensile, da spendere all’interno dell’emporio. E la parte innovativa è che non vuole essere una semplice distribuzione della “borsa della spesa”, ma la possibilità di accedere a un paniere più ampio di prodotti. In modo che ognuno scelga effettivamente quello che serve, con intelligenza e responsabilità. Riducendo gli sprechi, e rispondendo ai veri bisogni».
Chiudiamo la parentesi, e torniamo alla ricerca di volontari… hai un identikit da darci?
«Maggiorenni, innanzitutto, e che abbiano disponibilità e una certa elasticità in termini di orari: alcune cose vanno fatte non quando vuoi tu, ma quando c’è effettivamente bisogno».
Dammi un buon motivo per aderire al vostro invito.
«Partirei dal fatto che si va a restituire qualcosa di quello che si è ricevuto nella vita. Oltre alle cose materiali, si può stare con l’altro condividendo le fatiche, ascoltandolo con semplicità. E poi c’è la motivazione cristiana, che per me è importante: vedere nell’altro il volto di Gesù».
Venerdì scorso 40 persone sono venute al vostro “Open Day” in Caritas. Com’è andata?
«Siamo rimasti sorpresi da questa risposta così numerosa e, io credo, molto motivata. Mi ha fatto piacere vedere un bel gruppo di giovani provenienti dalle scuole superiori».
Diventeranno tutti volontari?
«L’augurio è questo. Noi abbiamo spiegato chi siamo e cosa facciamo, chiedendo una disponibilità di tempo che in molti ci hanno già dato. Li stiamo contattando, e alcuni di loro inizieranno a breve».
I volontari Caritas devono andare a Messa la domenica?
«Il fatto di andare a Messa la domenica non garantisce la fede, mi spiace dirlo…».
Insomma: cercate uomini e donne di fede, oppure no?
«Chiunque può fare il volontario, ci mancherebbe. Deve solo tenere presente che insieme a noi si fa un certo cammino, che è dentro la Chiesa. Anche se non obbligheremo mai nessuno ad andare a Messa (sorride)!».
Fare il volontario è un’esperienza che educa?
«Certo, sotto tantissimi aspetti. Ci richiama a una sobrietà nell’uso delle cose che abbiamo, e che un domani potremmo non avere più. E, ancora più importante, educa nella relazione: nel giudicare frettolosamente gli altri, e nell’approccio con una persona che ha un bisogno, qualunque esso sia. Il volontario non dà soluzioni già fatte, ma accompagna».
La povertà sta esplodendo, e sarà sempre peggio. Penso ai rincari, alle aziende che chiudono, ai conflitti sociali, che poi si rispecchiano nelle famiglie ma anche nella scuola… lo scenario è fosco. Tu, dal tuo punto di osservazione, che cosa vedi?
«Vedo una forbice sempre più larga, che allontana chi sta bene da chi sta male. In mezzo ci siamo noi, insieme a molte altre realtà di aiuto, che cerchiamo di tenere insieme i due mondi. Ma spesso ci sentiamo come dei “delegati”…».
Lo diceva anche il Vescovo recentemente: si rischia di delegare la carità ai “professionisti” della Caritas, e di sentirsi a posto…
«Tante volte questo le vediamo chiaramente. Ma, in mezzo alle difficoltà evidenti, ci sono dei lumicini che si accendono. E sai una cosa? Il volontario è una fiammella di speranza. Non solo in quell’ora che dedica a noi, ma progressivamente in tutta la sua giornata. Ecco perché è importante rendere in considerazione la proposta che stiamo facendo. Perché genera non solo la Caritas in sé, ma tutto il mondo».
Andrea Antonuccio
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