L’editoriale di Andrea Antonuccio
Care lettrici, cari lettori,
questo numero di Voce è dedicato ai primi dieci anni “alessandrini” del nostro Vescovo, che il 25 novembre del 2012 si è insediato ufficialmente nella nostra Diocesi. Monsignor Gallese, per come lo conosco io, non è tipo da bilanci. Anzi, mi sembra uno che guarda avanti, per il bene della Diocesi che gli è stata affidata. Sono convinto che sia un Pastore vero, uno che ama sul serio il gregge che gli è stato affidato. Anche quando non sono d’accordo con lui (succede più spesso di quanto crediate) lo rispetto e gli voglio bene, perché rispetto e voglio bene alla Chiesa.
E nella Chiesa, piaccia o non piaccia, il successore degli Apostoli non è un’opinione. Se ci stacchiamo da lui, che cosa ci rimane? Rimane quello che abbiamo capito noi… Vi invito allora a leggere l’intervista (clicca qui), in cui il Vescovo ci spiega il nuovo decreto sulle Unità pastorali, che dà inizio alla riforma della Diocesi. Se non è una “rivoluzione”, è comunque un cambiamento potente nel nostro modo di vedere la Chiesa e le parrocchie. E chiede a tutti di rivedere le proprie abitudini e il “si è sempre fatto così” che sembra accompagnarci dalla culla alla tomba.
Di fronte alle tante resistenze che questa operazione sta incontrando, mi sono chiesto molte volte perché monsignor Gallese non abbia rinunciato ad andare avanti. In fondo, anche lui avrebbe potuto dire che “si è sempre fatto così”. E invece non ha ceduto nemmeno di fronte alle cattiverie (e, in certi casi, alle vere e proprie menzogne) che taluni gli hanno riservato. Non credo lo abbia fatto per puntiglio o per ribadire chi comanda in Diocesi.
Lo ha fatto perché ha letto i segni dei tempi: si è reso conto di quanto siamo messi male e ha provato a dare una risposta. Questo, alla fine, è quello che ci dà fastidio veramente: riconoscere che abbiamo fallito. E provare a ripartire, seguendo qualcun altro.
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