L’editoriale
Care lettrici,
cari lettori,
buon anno a tutti voi dalla redazione di Voce. Riparte il nostro viaggio insieme, dentro e fuori la Chiesa, per cogliere gli “indizi” di verità che il Signore ha disseminato nella realtà. Anche quando è dolorosa: la guerra in Ucraina, che non è finita (e infatti papa Francesco non si stanca di ricordarcelo); il Covid, che pur non conquistando più le prime pagine dei giornali continua a circolare e a mietere vittime; la povertà, che ci interpella quotidianamente nello sguardo di chi incontriamo e ha bisogno di pane, di un tetto o solo di un po’ di amicizia. Penso anche alle persone, famose e non, che ci hanno lasciato in quest’ultimo periodo: a una di loro dedichiamo il giornale che avete tra le mani.
È Joseph Aloisius Ratzinger, Benedetto XVI, di cui ci parla il nostro Vescovo nell’intervista qui a fianco. A questo grande Pontefice abbiamo riservato il Paginone di Voce, e sui prossimi numeri vi proporremo alcuni suoi discorsi dai quali emergono tre aspetti: una semplicità di cuore da bambino (in senso evangelico), l’amore a Cristo e, soprattutto, un uso della ragione che può essere compreso da tutti, credenti e non. Un uso “aperto” della ragione, concepita non come misura personale e limitata della realtà, ma come possibilità, come stupore, come dis-misura, da cui può nascere la fede: come un fiore di grazia che sboccia sull’estremo limite di quello che (non) riusciamo a capire.
Per Benedetto XVI la fede era innanzitutto una questione di ragione: su questo ha sfidato, e incontrato, chiunque. Le categorie umane (“Era reazionario o progressista?”) non possono contenerlo. «Un uomo colto, un europeo dei nostri giorni può credere, credere proprio, alla divinità del Figlio di Dio, Gesù Cristo?»: questa domanda, che si trova nei taccuini di “I demoni”, Dostoevskij se la pone intorno al 1870. La risposta, 150 anni dopo, è papa Benedetto XVI.
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