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Don Bosco e quello sguardo ai giovani in difficoltà

Festa di Don Bosco

«La festa di Don Bosco è un momento comunitario molto atteso. Festeggiamo non solo una figura che ha dato origine alla famiglia salesiana, ma anche un santo che ha segnato la vita di tante persone». A raccontarcelo è don Mauro Mergola (nella foto qui sotto), sacerdote della parrocchia di San Giuseppe Artigiano, nel quartiere Cristo ad Alessandria. Il “Centro Don Bosco” di corso Acqui si sta preparando a festeggiare il santo salesiano. Domenica 29 gennaio si terrà la “Festa di San Giovanni Bosco”, con un programma fitto di appuntamenti: alle 10 la Messa presieduta dal Vescovo; alle 12.30 il pranzo (prima e dopo sono previsti giochi e attività); infine, alle 16.15, la benedizione dei bambini. E poi, martedì 31 gennaio, memoria liturgica del santo piemontese, ci saranno tre momenti che riguardano non solo la parrocchia del Cristo, ma la chiesa locale e l’intera città.

Don Mauro, partiamo dal 31 gennaio. Una festa davvero per tutti.

«Sì, perché Don Bosco, con la sua spiritualità e il suo carisma, è un dono per l’intera Chiesa, non solo per i salesiani. E avremo tre appuntamenti importanti a testimoniarlo. Al mattino dalle 7.30 ci collegheremo con Radio Maria: trasmetteremo prima il Rosario e poi la Santa Messa, seguita dalla Liturgia delle Ore. Poi, alle 10, avremo con noi il sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, che incontrerà gli allievi del Cnos-Fap. In questa occasione cercheremo di comprendere cosa significhi, nello stile di Don Bosco, formare non solo buoni cristiani ma anche onesti cittadini. Mentre alle 18 avremo la Santa Messa in Cattedrale presieduta dal Vescovo e partecipata da tutta la famiglia salesiana. Una grande famiglia, che comprende in modo particolare le tre Opere salesiane: la Don Bosco del Cristo, gli istituti Maria Ausiliatrice e Angelo Custode. Oltre a loro saranno presenti i salesiani cooperatori che rinnoveranno la loro promessa di appartenenza alla famiglia salesiana. Un grande momento di preghiera e condivisione per tutti».

Domenica 29, invece, la festa sarà alla Don Bosco.

«Un momento più ampio, non solo per la parrocchia, ma aperto a tutti e più popolare, dove nessuno si sentirà escluso. Ci saranno la Messa con il Vescovo, momenti di preghiera, attività formative e giochi. E il pranzo insieme: a tutti offriremo il primo, e poi chiunque potrà condividere portando qualcosa da casa. Avremo anche un banco di beneficenza aperto per tutto il giorno, per raccogliere fondi per sopperire alle spese del riscaldamento dell’oratorio. Un luogo, lo ricordo, che ogni giorno accoglie gratuitamente giovani, ragazzi e anziani».

Sono anni difficili questi, tra Covid e guerra. Che significato assume questa festa?

«Da un punto di vista spirituale, siamo chiamati a rafforzare la vita di relazione con il Signore. Don Bosco diceva: “Le due colonne per i giovani sono confessione e comunione”. Il fine ultimo è salvarsi l’anima, vivere in grazia di Dio. E questa festa è l’occasione per non perdere di vista l’essenziale. Secondo aspetto: il percorso che la famiglia salesiana sta facendo in questi anni è di essere una testimonianza nel territorio, una comunità educativa pastorale. Don Bosco si aspetta che noi diventiamo una comunità che educa i ragazzi e facilita l’incontro tra loro e il Signore. Terzo: in questo momento di crisi, don Bosco si aspetta che noi siamo più attenti ai ragazzi in difficoltà, che rischiano di andare fuori strada. Lui li definiva “pericolanti”… occorre quindi investire nella formazione e nell’educazione. E questo richiede, in chi collabora con noi, una passione sempre più grande nei confronti dei ragazzi, con una visione condivisa del progetto educativo. Un progetto che aiuti i ragazzi a passare da una ricerca del servizio a un progetto di vita. Userei tre parole chiave: comunità, progetto e condivisione».

Don Bosco, oggi, è contento di questi salesiani?

«Su alcune cose sì, su altre ci incoraggia a crescere. E su altre ancora ci tira le orecchie (sorride). Don Bosco non ha mai vissuto sugli allori del passato, non è mai andato alla ricerca dell’immagine, dell’estetica. Ma vuole incidere nella vita delle persone, in una società che sta cambiando, giorno dopo giorno. Per questo è fondamentale il confronto e il dialogo con la Chiesa locale e le istituzioni del territorio, per capire cosa si aspettano da noi e cosa possiamo offrire loro».

Un invito per questi due significativi appuntamenti?

«Uso le parole di don Bosco: “Basta che siate giovani perché io vi ami assai”. Qualsiasi giovane è invitato a partecipare, sapendo che c’è un uomo, un santo che ama i giovani. Così come sono invitate tutte quelle persone che stanno dalla parte dei ragazzi di qualsiasi provenienza, senza distinzioni. Ma con uno sguardo speciale rivolto a quelli più in difficoltà».

Alessandro Venticinque

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