Il punto di vista
Dio disse: “Sia la luce!” E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce giorno, mentre chiamò le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: giorno primo (dal libro della Genesi 1,1-19).
Oggi, lunedì 6 febbraio in chiesa, durante la Messa pomeridiana, leggo l’intero brano riportato all’inizio. “Quante sono le tue opere, Signore! Le hai fatte tutte con saggezza; la terra è piena delle tue creature. Benedici il Signore, anima mia!” (dal Salmo 103 (104) ).
Fin dal primo giorno, il Signore dunque ha fatto tutte cose belle e buone: il cielo, la terra, il mare, il giorno, la notte, e le stelle.
“Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra e per governare il giorno e la notte e per separare la luce dalle tenebre. Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: quarto giorno”. Così si conclude la prima lettura.
C’è da rimanere affascinati nel seguire tutte le opere che Dio compie e in seguito sapremo che le ha fatte per l’uomo e per la donna, da Lui creati, affinché possano goderne in pace. Come è possibile che non ci sia pace in terra? In questa terra afflitta da infinite guerre, l’ultima nella martoriata Ucraina iniziata un anno fa e non si sa se e quando finirà.
L’uomo capace di capolavori che sanno generare lo stupore, il senso dell’immenso, l’entusiasmo della contemplazione, i rapporti di amore che raggiungono il divino, l’uomo della cultura, della scienza, degli slanci nelle solidarietà, come può scatenarsi nei delitti, nelle guerre, nello sfruttamento del fratello e in tutte le altre nefandezze che la storia di ogni tempo ricorda? Da dove arriva questa contraddizione? Ma quest’uomo chi è? L’uomo ha perso il senso della bellezza! Non alza lo sguardo al cielo per ringraziare il Creatore, anzi non crede che esista o, se esiste, la colpa è tutta sua perché gli orrori, qui in terra, non finiscono mai e Lui non fa niente per evitarli. Qualche cristiano afferma che meritiamo queste disgrazie perché siamo noi i colpevolli; forse l’uomo non sa custodire come si deve quel magnifico patrimonio che gli è stato donato? Nel suo intoccabile “io” non vuole riconoscere “Dio”e non accetta l’essere fratelli tutti. Crede di bastare a sé stesso e dimentica che nessuno può salvarsi da solo. Perché la superbia lo incatena e non vuole liberarsene? Così va sempre più verso una strada senza ritorno. Quando l’uomo capirà che può essere tardi ravvedersi e può invece, se vuole, camminare sulla buona strada? Qui e ora e non là e domani! Via le cose cattive, si dia spazio alle cose buone, quelle che fanno amare la vita. La sapienza del cuore fa diventare volenterosi, amanti del bene comune. In tutti i tempi può essere sera e mattina nel ricordo di ciò che fu.
Adriana Verardi Savorelli