Parla monsignor Guido Gallese
Eccellenza, come si può stare di fronte al dramma del terremoto in Turchia e Siria senza accontentarci di una lettura di senso? C’è bisogno di una speranza!
«Leggevo il Salmo 42, versetto 4, che è parte dell’Antico Testamento e precede di parecchi secoli Gesù Cristo. Dice: “Le lacrime sono mio pane giorno e notte, mentre mi dicono sempre: «Dov’è il tuo Dio?»”. E poi ancora, dal versetto 10: “Dirò a Dio, mia difesa: «Perché mi hai dimenticato? Perché triste me ne vado, oppresso dal nemico?». Per l’insulto dei miei avversari sono infrante le mie ossa; essi dicono a me tutto il giorno: «Dov’è il tuo Dio?». Perché ti rattristi, anima mia, perché su di me gemi? Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, lui, salvezza del mio volto e mio Dio”. Ho trovato questo Salmo estremamente attuale, perché la stessa domanda che ci poniamo noi se la stavano facendo ancora prima di Cristo. Uguale identica. Come se non fosse più successo nulla nella storia. Ma il Signore, alla domanda “dov’è il tuo Dio”, ha risposto 20 secoli fa: va a cercarlo, è in croce ed è risorto. Il mio Dio ha scelto di morire in croce, ecco dov’è. E proprio per questo Dio lo ha esaltato, lo ha costituito Signore. La nostra vita terrena è segnata da una situazione in cui, diversamente da come vorremmo, le cose non vanno per il verso giusto neanche se facciamo i bravi. Non vanno come ci piacerebbe».
È un’ingiustizia.
«Sì, un’ingiustizia. E non vale nemmeno pensare che se fai il bravo le cose vanno bene e se fai il cattivo allora vanno male (anche se questo, in parte, è vero). Ma non esiste una “assicurazione”: il mondo è disordinato e caotico, perché nel mondo è entrato il male. E, con il male, le sue conseguenze».
Quindi il terremoto è una conseguenza del male?
«Il terremoto è solo un modo con il quale noi possiamo trovare la morte. E la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo, questo ci dice la Bibbia. La nostra vita è come se fosse segnata da qualcosa che comunque ne fa sentire tutta la fragilità, rispetto a una pienezza. Non so dare risposte diverse da questa, oltre a dire che c’è un’Eternità. Non so fare altro che mettermi a fianco dei miei fratelli che soffrono. Il terremoto è l’ennesima, pesante provocazione, disegna un orizzonte di dolore: il dolore per tutti i legami, gli affetti; il dolore per ciò che una persona ha costruito nella sua vita e ha perso. Il Signore Gesù nelle Beatitudini in un modo graffiante rimanda a un senso che ha il sapore dell’Eterno, ma che si alimenta già in questa vita. Perché c’è un mistero grande che ho sperimentato: già in questa esistenza, nonostante tutte le fatiche e i dolori, si può vivere un orizzonte di senso che, al di là delle sofferenze, ti dà una strana pace interiore. Una pace che convive, misteriosamente, con la sofferenza e con il dolore».
Questa pace che segno è?
«È il segno dell’Eternità che ha fatto irruzione nella Storia. È il segno che il Signore ti ha cercato e ha fatto irruzione in te. Ha gridato, ha toccato la tua anima. Ti ha abbagliato e i tuoi occhi hanno cominciato a vedere. Hai cominciato ad ascoltarLo, e Lui ti lascia il segno della Sua pace. Ti motiva per essere, in questo mondo, diffusore di un messaggio di pace. In un mondo di guerra».
Alessandro Venticinque