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Sperare contro ogni speranza

Il punto di vista

Cammino sul marciapiede di una strada abbastanza frequentata con auto che sfrecciano a velocità sostenuta e passo davanti a un vaso con fiori, posto in basso accanto ad un muro. Torno indietro, mi fermo e penso: forse mani doloranti di una madre hanno messo quei fiori per ricordare il proprio figlio morto in un incidente stradale. È possibile… Quanti casi di questo genere sono segnalati! Il pensiero corre lontano, va oltre, va a quei tantissimi giovani morti nelle guerre i cui corpi, a volte, neppure si trovano, alle madri che piangono inconsolabili e si chiedono drammaticamente “perché?” Giovani belli, forti, intelligenti con sogni e speranze di una vita buona futura. Cosa resta di loro? Ucraini, russi, siriani, iraniani, afgani e di tutte le nazionalità, morti nei campi di battaglia. Aggressori e aggrediti, nelle guerre, sono tutti uguali di fronte alla vita e alla morte. Penso alle lacrime sui volti di tanti che non potranno nemmeno deporre fiori sulle tombe dei loro cari perché non sempre esistono. È passato un anno da quando è iniziata la guerra in Ucraina, una fra le tante che dilaniano questo mondo. La diplomazia non ha portato, fino ad ora, risultati concreti di pace e il commercio delle armi continua. Papa Francesco persiste nel condannare qualsiasi guerra, perché è crudele, insensata, portatrice di infiniti dolori umani, con rovine di città e paesi.
Macerie, solo macerie che si accumulano come montagne davanti agli occhi increduli di chi ha perso tutto. Si può parlare di speranza alla gente sopravvissuta e terrorizzata? Credo si possa sperare contro ogni speranza perché ci sono persone che, senza clamore, s’impegnano nella solidarietà, nella vicinanza affettiva, che vogliono far rinascere dalla follia devastatrice più gente possibile, in particolare i più deboli: i bambini e i vecchi. Ai bambini bisogna cancellare gli incubi con delicatezza; prendersi cura delle loro ferite di ogni genere, portare gioia nei cuori, farli riprendere a giocare. I vecchi… Una condizione diversa e più drammatica è per alcuni che sono da consolare e assistere, soprattutto quando non sono più interessati alla vita. Le spalle curve non si rialzano per il peso dei dolori sopportati, gli occhi lucidi non hanno più lacrime da versare, la voce irriconoscibile, quasi un rantolo che pare venire dall’oltre tomba, le mani fredde come freddo è il cuore, incapaci di reagire al buio in cui sono sprofondati. Vecchi che si lasciano morire… Occorrono tanto coraggio e perseveranza per aiutarli. La rassegnazione non appartiene ai volontari dell’Amore! “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere […] malato e mi avete visitato” “…tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. La memoria non tradisce. Gesù indica la strada giusta per la risurrezione.

Adriana Verardi Savorelli

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