Michele Diotallevi, giovane alla sua prima Giornata mondiale della Gioventù
Tra i tanti giovani partiti da Alessandria c’era anche Michele Diotallevi, 20 anni, che studia Scienze Internazionali dello sviluppo e cooperazione all’Università degli Studi di Torino. Per lui, quella di Lisbona è stata la prima Gmg: «Anche se, a essere sincero, non era in programma…» ci racconta, sorridendo.
Michele, ci spieghi questo “fuoriprogramma”?
«È stato organizzato tutto all’improvviso. All’ultimo si è liberato un posto e Martina, mia sorella, mi ha chiesto se volessi partire con loro. Così, il giorno prima della partenza ho deciso di andare».
E perché sei partito?
«Sono partito, intanto, per passare del tempo con mia sorella e poi per approfondire il mio percorso spirituale. E, devo dire, che questa esperienza è stata utile».
In che senso?
«Io credo, ma come molti giovani ho tantissime domande. La mia fede non è cieca, ho bisogno di conferme e di essere seguito in un percorso continuo».
E la Gmg, dicevi, è stata utile?
«Sì, perché si vive in un modo diverso, rispetto alla routine quotidiana. Si vive insieme con tanti altri ragazzi credenti, che hanno una forte spiritualità. Così, parli con loro e continui a pregare insieme. E questo stona con la vita quotidiana, in cui, nonostante i giovani abbiano sete di fede, spiritualità e bellezza, purtroppo c’è un ateismo dilagante. A me, vedere questi ragazzi, ha insegnato a capire cosa è davvero importante. Mi ha permesso di focalizzare i miei bisogni autentici e le mie necessità».
Sei rimasto stupito.
«Io sono rimasto esterrefatto, è diverso (sorride). Mi aspettavo di vedere un sacco di giovani che andavano per visitare il Portogallo, dicendo: “Sì, in mezzo c’è anche questa roba con il Papa”. Invece no, ho visto ragazzi con una fede fortissima, da far tremare le gambe. La loro concentrazione nella preghiera e il loro cammino ti mettono di fronte a una realtà a cui non sei abituato. Allora inizi a camminare con loro, fai nuove conoscenze e se coltivi questi incontri ti portano sulla retta via».
Delle parole di papa Francesco cosa ti ha colpito?
«I discorsi del papa sono stati molto belli. Mi ha colpito la capacità di parlare al cuore delle persone: con grande semplicità è riuscito a cogliere ciò che sta all’interno dei nostri cuori. Il Papa, con parole umili, ci invita a proseguire nei nostri cammini. Appena ho sentito quelle parole, ho capito che essere lì era proprio la cosa giusta. E che le cose che pensiamo importanti, nella vita di tutti i giorni, invece sono “fuffa”. Il Papa questo lo sa bene, e lo ha comunicato a noi giovani che siamo il futuro della Chiesa. Con parole semplici, e di un amore infinito».
Perché nella quotidianità lo stile della Gmg non è replicabile?
«Perché la quotidianità ti distrae. Il mondo in cui viviamo è rapido, caotico: non riesci a fermarti per analizzare te stesso, come è accaduto in quei 14 giorni in Portogallo».
Come fare, allora?
«È difficile, ma occorre continuare a coltivare le relazioni che abbiamo iniziato alla Gmg. E poi migliorare il “rapporto” con la Chiesa, provando a frequentare anche gruppi di preghiera o universitari. Dandosi degli impegni settimanali, per coltivare un proprio cammino spirituale, e per dare continuità ai giorni di Lisbona. Altrimenti rischia di essere una bellissima esperienza, ma che a livello spirituale è stata solo un passaggio. Rischia di essere una cosa forte, che sicuramente ricorderemo, ma che è passata senza lasciare il segno».
C’è un momento che porti nel cuore?
«Di momenti ce ne sono tanti, sceglierne uno è difficile. Ci sono state tantissime situazioni divertenti. Ecco, se dovessi dire tre parole chiave: divertimento, fraternità e fede».
E se dovessi scegliere un episodio?
«A livello spirituale cito un momento avvenuto a Chao de Couce, durante la settimana di gemellaggio con la diocesi di Coimbra. Quando, durante una passeggiata, ci hanno chiesto di metterci in gruppo, prima di 2, poi di 3 e infine di 5 persone. Ci hanno posto di fronte ad alcune domande, da rivolgere agli altri ragazzi del gruppo e condividere, e le risposte sono state straordinarie. Anche i giovani che si definiscono atei hanno sete, sono in ricerca. Mi ha colpito vedere che tutti noi cerchiamo le stesse cose, che non sono il successo, i soldi, la fama. Ma qualcosa di più grande, che va oltre a tutto. E la Gmg è stato il posto giusto dove cercare».
Ultima domanda: andrai a Seul nel 2027?
«Assolutamente sì. Spero di poter portare anche alcuni miei amici, per fargli toccare con mano questa esperienza che ho raccontato loro al mio rientro da Lisbona. Quindi sì, appena sarà possibile mi prenoterò per la Gmg coreana. E stavolta non lo deciderò il giorno prima della partenza (sorride)».
A. V.