Martedì d’Avvento 2023
Prenderanno il via il 28 novembre i Martedì d’Avvento organizzati dalla nostra Diocesi in collaborazione con il Centro di cultura dell’Università Cattolica e il Meic, Movimento ecclesiale di impegno culturale di Alessandria. Gli incontri, che inizieranno alle 21 e saranno conclusi dall’intervento del nostro Vescovo, si svolgeranno nell’Auditorium della Parrocchia di San Baudolino, in via Bonardi 13 ad Alessandria (tutti i dettagli a pag. 5). Abbiamo chiesto a Renato Balduzzi (nella foto qui sotto), ordinario di diritto costituzionale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e co-promotore dell’iniziativa, di presentarci i relatori di quest’anno. A partire dal titolo: “Testimonianza e profezia in un mondo senza pace”.
Professor Balduzzi, ci può spiegare il senso del tema portante di questi Martedì?
«In qualche misura ci agganciamo al titolo dei Martedì del 2022, sia quelli di Avvento sia quelli di Quaresima, che erano incentrati sui testimoni. Avevamo invitato personaggi assai noti a trattare un tema che rappresentava una parte importante della loro vita. L’accento era posto sulla persona, la quale, partendo da sé, illustrava il tema della serata. In Avvento, De Bortoli sul problema della libertà di informazione; Garattini sulla difficile battaglia per una salute che non sia mercato; e padre Patriciello sulla lotta contro la criminalità organizzata. Poi, in Quaresima, Crescioli sulla Croce Rossa, Bindi sulla politica da cristiani e Cassano sulla magistratura. L’accento, come ho detto, era sul testimone e poi, indirettamente, sul tema. Quest’anno, invece, abbiamo voluto “rovesciare” la situazione, invitando chi ha avuto la possibilità di studiare o di conoscere testimoni come don Milani, Manzoni e papa Francesco. E ciò che li accomuna è proprio il legame tra pace e giustizia. Sono tre uomini che hanno lottato o, nel caso di Francesco, lottano per la pace, che è sempre connessa alla giustizia: è il senso dei Martedì d’Avvento di quest’anno».
Partiamo dal primo incontro, martedì 28 novembre, con il professor Domenico Simeone: “Non c’era posto per loro nell’albergo: don Lorenzo Milani tra testimonianza e profezia”. Oggi per chi non c’è posto?
«Questo, eventualmente, lo faremo dire al professor Simeone (sorride), uno dei massimi esperti di don Milani. La citazione viene da uno scritto del prete di Barbiana, che ovviamente riprendeva il celebre brano del Vangelo di Luca. È stato pubblicato con il titolo “Per loro non c’era posto” nel Natale del 1950 sulla rivista “Adesso” di don Primo Mazzolari, e vediamo che c’è già tutto il futuro don Milani delle “Esperienze pastorali”. Un don Milani capace di radicalità evangelica e di tenere insieme le esigenze della pace e della giustizia. Un don Milani refrattario nei confronti del perbenismo e dell’ipocrisia… vedremo la lettura che ne darà il professor Simeone, che come pedagogista ha studiato soprattutto il don Milani formatore, “inventore” di un modo nuovo di fare e pensare la scuola. In don Lorenzo il ruolo di formatore era strettamente intrecciato al ruolo di parroco, lui era formatore perché parroco. E profondamente innamorato di Cristo».
Il secondo appuntamento, martedì 5 dicembre, vedrà due relatori, il professor Gabrio Forti e la professoressa Loredana Garlati.
«C’è un motivo. “I promessi sposi” di Manzoni sono intrisi di un forte senso di giustizia, e sulla giustizia, nel romanzo, c’è indubbiamente un sentimento che fa leva più sul perdono e sulla Provvidenza che sulla pena. Su questo si incentreranno gli interventi di Gabrio Forti e Loredana Garlati, che sono (e non lo dico perché li abbiamo invitati noi) i due studiosi, l’uno di Diritto penale e l’altra di Storia del diritto medievale e moderno, che più di altri hanno approfondito l’opera dello scrittore milanese sotto il profilo del tema che ci interessa, cioè pace e giustizia. Una giustizia che ha a che fare con il perdono e con la Provvidenza di Dio, appunto, non soltanto una giustizia penalistica. Manzoni, nella sua opera più celebre, prende proprio in giro la giustizia umana perché è insufficiente rispetto alla vera giustizia. E irride alle guerre, non soltanto a quelle del Seicento. Almeno, questa è la mia lettura (sorride)… il 5 dicembre ce lo spiegheranno bene Forti e Garlati».
Veniamo all’ultimo appuntamento, quello di martedì 12 dicembre: “Papa Francesco, visto da vicino”, insieme con il gesuita padre Carlo Casalone.
«Il Papa visto da vicino, un testimone di pace e di giustizia in un mondo senza pace. Ecco, direi che l’ultima serata è una sorta di “riassunto” di tutti i temi trattati nei due Martedì precedenti. La presenza di padre Carlo Casalone, che è uno dei gesuiti più noti anche nel mondo mediatico, ci garantisce la “compatibilità culturale” per comprendere bene papa Francesco. È un suo confratello gesuita, conoscitore profondo di altri gesuiti importanti nella stessa formazione del Santo Padre. Per fare un esempio, padre Casalone è anche presidente della Fondazione dedicata a Carlo Maria Martini, già arcivescovo di Milano, un altro profeta di pace che nell’ultima parte della sua vita è andato a rendere testimonianza proprio a Gerusalemme. In questo ultimo Martedì d’Avvento cercheremo dunque di vedere il Papa “da vicino”. Non con lo sguardo di un segretario particolare, perché non ci interessa tanto la “quotidianità” del Pontefice, ma piuttosto un Papa visto da vicino da una persona che ha la possibilità di mettere insieme la conoscenza personale e la capacità di studio dei comportamenti, degli scritti, dei discorsi e della predicazione di Francesco. Che è un Papa predicatore, non dobbiamo mai dimenticarlo… cioè uno che sa spiegare il senso delle Scritture e le porge a noi, secondo il modello dell’episodio dei discepoli di Emmaus. Dovremmo ricordarci che, durante la pandemia, ogni mattina chi voleva poteva assistere da casa alla Messa a Santa Marta: nelle omelie non c’era un testo scritto, ma era una predicazione provocata dal Vangelo, dalla lettura della Scrittura. Ed era molto efficace».
Un valido motivo per partecipare a questi tre incontri?
«In un mondo senza pace siamo in grado di percepire l’angoscia di una guerra che, già non molto distante, potrebbe avvicinarsi ancora di più alle nostre case con armi devastanti e micidiali, atomiche e non, e arsenali pieni di congegni che portano solo la morte. In un tempo senza pace, credo che ciascuno possa essere, nel piccolo della sua vita personale, familiare e professionale, testimone di pace e giustizia. E, per poter essere testimone, forse può aiutarci imparare da altri testimoni attraverso l’aiuto di maestri adeguati. Direi dunque che le ragioni della partecipazione a queste serate stanno proprio tra le righe del titolo stesso: “Testimonianza e profezia in un mondo senza pace”. Non sono incontri in cui mi faccio una bella erudizione su Manzoni, su don Milani e, perché no, anche sulle encicliche del Papa. No, non è così. Sono incontri culturali, certo, perché la cultura è cosa importante e decisiva: non una cultura intesa come mera erudizione ma, appunto, una cultura applicata alla vita. In questo momento nessuno di noi può sentirsi estraneo a quello che accade. Possiamo cercare di evadere da tutto, certo: ma non dalla nostra umanità».
Andrea Antonuccio