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Vorrei avere la fede di Betty. Il resto non serve

Care lettrici,
cari lettori,
apriamo Voce con l’intervista a don Giovanni Bagnus, in occasione dell’inaugurazione dell’Anno giudiziario del nostro tribunale ecclesiastico (martedì 27 febbraio). È un’occasione per cogliere lo sguardo di misericordia della Chiesa: uno sguardo che prova a replicare, per quanto possibile, l’amore con cui il Padreterno ci segue in mezzo alle difficoltà dell’esistenza. Quei dolori e quelle delusioni da cui vorremmo essere “esentati”… Ma il Signore, se ci pensiamo bene, la sua croce l’ha portata eccome (e anche lui, da uomo come noi, ha chiesto che l’amaro calice venisse allontanato). Nemmeno al Figlio di Dio è stata risparmiata l’umiliazione della morte… «Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà»: c’è una frase più dura da pronunciare, nella vita? Eppure, abbiamo tra noi una nube di testimoni a cui è accaduto qualcosa di grande che ha reso possibile non solo accettare, ma addirittura abbracciare, la volontà di un Altro.

Andate a pagina 5 e leggete le parole di Betty, una donna nigeriana che alla Veglia per la Vita organizzata dall’ufficio per Famiglia diocesano ha raccontato la sua storia: una croce disumana, violenta e atroce. Ma non disperata: «Ho proseguito avendo fede che un giorno sarei stata salvata, nonostante tutte le sofferenze […], senza mai smettere di pregare. Un giorno sono stata anche rapita: ma Dio mi ha liberato di nuovo». Cara, carissima Betty, io non ti conosco personalmente, ma dopo quello che hai detto sei come una sorella per me. Quando chiederò per l’ennesima volta al Signore di cambiare qualche situazione che non mi piace, o di togliermi dai guai, penserò a te, alla tua esperienza. «Sono così grata a Dio per avermi dato una seconda possibilità di vivere, sono grata a Dio per tutto»: ecco, questa è la fede che vorrei avere. Le “teologie della Parola” staccate dalla vita le lascio ai tristi. E agli ingrati.

Andrea Antonuccio

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