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Oltre gli Stati. Poteri, popoli e ordine globale

Il libro del politologo Anthony Pagden, docente alla University of California

La recensione di Fabrizio Casazza

Lo Stato nazionale ha ancora un futuro? Intorno a questo interrogativo potremmo condensare il saggio del politologo Anthony Pagden, docente alla University of California, Oltre gli Stati. Poteri, popoli e ordine globale, pubblicato dal Mulino (pp 254, euro 19). La domanda non riguarda solamente il dibattito accademico ma coinvolge l’analisi di molte situazioni contemporanee, come ad esempio, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il cui presidente la intende, secondo il libro, «come una guerra di rinascita e di rinnovata unione, la ricostruzione di quello che fu il vasto impero di Pietro il Grande, del quale Putin stesso evidentemente si sente il successore» (p. 161).

Il libro si apre con una citazione del 1882 dello scrittore francese Ernest Renan, qualche volta menzionata anche dalla deputata Giorgia Meloni, attualmente Presidente del Consiglio dei ministri (la quale tra l’altro è espressamente richiamata a p. 178): «L’esistenza di una nazione è […] un plebiscito di tutti i giorni» (p. 15). In questo senso la nazione è «una società politica vista da un punto di vista affettivo» (p. 16). D’altronde, dalla tribù alla città ai moderni Stati «il vero legame consisteva nel sentirsi parte della comunità e impegnati a suo favore» (p. 19). Anzi, in realtà secondo il testo «la nazione moderna è un tentativo di ritornare all’omogeneità della tribù» (p. 32).

Si può allora descrivere la nazione «come un gruppo di persone che vivono in un territorio ben definito con confini marcati che le separano da altri popoli, soggette a un governo, a un sistema giuridico, che parlano una stessa lingua e seguono una religione, condividono uno stile di vita sostanzialmente simile» (pp 34-35).

I rapporti tra le nazioni furono inizialmente regolati dal diritto naturale ma a partire dalla fine del Settecento esso fu sostituito dal diritto internazionale, «un ordinamento giuridico basato su reciproche concessioni tra sovrani» (p. 65). Ma i diritti umani, che affondano remotamente le radici nel diritto romano, «possono essere considerati come un ritorno della tradizione europea al patrimonio del diritto naturale» (p. 72).

La Dichiarazione dei diritti dell’uomo dell’Onu «annovera il diritto di appartenere a una nazione – ovvero di avere una “nazionalità” – tra i diritti umani fondamentali» (p. 50). Ma come inserire tutto ciò nel contesto dell’attuale mondo in cui la globalizzazione sembra smantellare lo Stato-nazione? Secondo il libro, in questo contesto di erosione dello Stato «non ci si dovrebbe adoperare affinché scompaia definitivamente, perché questo non farebbe che accrescere il potere delle multinazionali e di una rete di associazioni internazionali che, per quanto animate da buone intenzioni, non sono in grado di generare cittadinanza, identità, coesione o prestazioni assistenziali adeguate per il pianeta» (p. 160).

Qual è allora il futuro delle nazioni? Esso risiede probabilmente «in una forma di federazione la cui possibilità esiste da quando esiste lo stato-nazione stesso. In un certo senso lo stato-nazione moderno non è altro che il precursore più recente e più importante di un mondo di federazioni» (p. 162). Se «è improbabile che lo stato-nazione moderno […] sia soppiantato in tempi brevi da un amorfo organismo internazionale autoregolamentato […] è altrettanto improbabile che sopravviva ancora a lungo nella forma che oggi ha assunto» (p. 181).

Gli sguardi sul passato e gli scenari che questo volume apre sono molti e interessanti. Naturalmente non è facile effettuare previsioni ma resta l’ineludibile urgenza di trovare soluzioni per rendere i rapporti all’interno degli Stati e tra loro improntati alla giustizia, alla libertà, alla pace e alla solidarietà. 

Fabrizio Casazza

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