Care lettrici,
cari lettori,
in questo numero trovate l’intervista al nostro Vescovo sulla sua nuova Lettera pastorale, “La gioia di essere Chiesa”, presentata alla Diocesi domenica 15 a partire dalle ore 16 . Il Vescovo ci invita tutti: vale la pena prenderlo sul serio, ed esserci. Ma cosa significa veramente “pastorale”? Mi sembra un aggettivo che oggi ha perso il suo significato originale (e originario).
Diciamo pure che è stato usato per troppo tempo (specialmente dai pastori, ahimè) come sinonimo di “parrocchiale” o, peggio ancora, di “clericale”: un termine per addetti ai lavori, da appiccicare a qualunque progetto o iniziativa di un certo ambito. Lo abbiamo ridotto, svuotato… ma non è questa la sua verità. La Chiesa, nella sua essenza, è pastorale: l’annuncio di Cristo al mondo è l’annuncio di un Buon Pastore che chiunque può incontrare e che salva la vita. Letteralmente, in certi casi.
Il pastore le sue pecore le conosce una per una, le va a riprendere se scappano o se si perdono, le va a visitare. Anche se sono geograficamente lontane, se non lontanissime. Pensiamo al viaggio di papa Francesco in Asia e Oceania, il più lungo del suo pontificato (vi raccontiamo i momenti salienti a pagina 11). Tra i diversi impegni, domenica scorsa quest’uomo di 87 anni si è imbarcato con la sua carrozzina su un C-130 dell’aeronautica militare australiana a Port Moresby, capitale della Papua Nuova Guinea, e ha percorso 911 chilometri, andata e ritorno in un solo pomeriggio. Meta del viaggio, Vanimo, un punto sperduto nell’arcipelago, tra l’oceano e la foresta tropicale. Lì il Santo Padre ha portato una tonnellata (effettiva) di aiuti: medicine, vestiti e giocattoli. A Vanimo, novemila abitanti, un posto “dimenticato da Dio” ma non dal Papa.
Chiediamo questo ai nostri pastori: che non si dimentichino di noi inseguendo i loro piani. Pastorali.