«Con lo stile dell’abbraccio dobbiamo provare a vivere
l’idea tanto cara a papa Francesco della “Chiesa in uscita”»
Stefania Ponzano (nel tondo) da aprile è presidente diocesana dell’Azione Cattolica per il triennio 2024-2027. A lei abbiamo chiesto di raccontarci questi primi mesi di esperienza e il futuro prossimo dell’AC. Ma prima, una breve presentazione: «Ho 41 anni e ho sempre frequentato la parrocchia di Sant’Alessandro. Da quasi 15 anni sono sposata con Gianluigi, viviamo a Frugarolo e in parrocchia ci occupiamo di ragazzi e giovani. Sono laureata in Farmacia e dal 2016 con la mia socia sono titolare della farmacia Borgo stazione di Villanova d’Asti. Perché così lontano? Grazie al concorso indetto nel 2012, abbiamo avuto la fortuna di aprire la farmacia in un paese ancora molto legato alle tradizioni della campagna e dove ormai ci sentiamo di famiglia».
Stefania, cosa significa essere la presidente diocesana dell’Azione Cattolica?
«Non nego che lo scorso febbraio, quando dopo l’Assemblea diocesana elettiva per il rinnovo triennale delle cariche associative è stato fatto dagli altri consiglieri il mio nome per il ruolo di presidente diocesano, ho fatto di tutto per convincere altri possibili candidati ad accettare la responsabilità. Ma avevano tutti motivazioni assai valide per rifiutare. Così, nonostante il mio lavoro mi porti a essere fuori casa tante ore al giorno, nonostante la paura e il timore di essere inadeguata, ho accettato l’incarico seguendo l’esempio del “Sì” pronunciato da Maria, cui l’AC guarda come modello di umiltà e servizio. Infatti, è proprio l’8 dicembre (Immacolata Concezione, ndr) la Festa dell’Adesione! Oggi, a distanza di qualche mese, posso dire di sentire l’onere di questo incarico, ma di esserne anche onorata e grata. Grata a coloro che hanno fatto la storia della nostra associazione diocesana prima di me e a coloro che con me condividono questo cammino. Ogni giorno ho la fortuna di scoprire che l’AC è veramente famiglia, relazioni, amicizia sincera e fraterna. Essere presidente diocesano di AC non significa pensare a mera burocrazia, formalismi e susseguirsi di riunioni, ma alla ricchezza dell’incontro, della condivisione con laici di altre parrocchie, di altre associazioni o movimenti, allo stile della corresponsabilità, della cura delle relazioni, al dono di essere parte di una rete associativa che ha una dimensione regionale e nazionale al servizio della Chiesa».
Qual è l’apporto dell’AC nella comunità diocesana e nel mondo?
«Un primo apporto, e non sempre quello più visibile, è uno stile che è fatto proprio da chi in AC si è formato: è lo stile del “mettere insieme”, del trovare un punto di comune accordo, di integrazione di più persone possibili. È uno stile che può essere vissuto in ambito ecclesiale ma anche lavorativo, politico e sociale. In secondo luogo, la corresponsabilità e lo spirito di servizio: credo che una caratteristica peculiare dell’AC sia quella di avere laici che donano il proprio tempo e le proprie energie per le comunità di appartenenza, sentendosi in esse corresponsabili, “responsabili-con” i propri sacerdoti. L’AC con i suoi movimenti, uno su tutti il Movimento studenti (Msac), può e deve diventare significativa negli ambienti di vita vissuti dai soci, come la scuola e il lavoro; può educare le persone alla cura dell’ambiente, all’attenzione al sociale, alle fragilità del mondo odierno».
Il presidente nazionale di AC, Giuseppe Notarstefano, in una recente intervista in occasione dell’ultima Assemblea nazionale elettiva dell’AC, ha dichiarato: «C’è un ritorno certamente di entusiasmo, ce lo dicono i numeri, c’è una grande vitalità». È così anche nella nostra diocesi?
«Non mi piace valutare l’esperienza associativa solamente in termini numerici. È vero, il trend a livello nazionale è in timida crescita, ma quello che mi piacerebbe raccontare è un “di più”: le nostre iniziative, i nostri cammini formativi si aprono alla popolarità. Questo significa che molte persone incontrano nel proprio cammino formativo l’Azione Cattolica pur non essendo tesserate. Si comprende così come l’AC svolge un servizio educativo fondamentale, che non viene pesato da un freddo numero. Volendo guardare per un attimo ai numeri mi piacerebbe che tra tre anni, allo scadere del mio mandato, il numero di aderenti in diocesi fosse maggiore rispetto a quello odierno, solo perché ciò vorrà dire che l’AC è stata importante nella vita e nel cammino di fede di tante persone».
Papa Francesco, il 25 aprile di quest’anno, incontrando in piazza San Pietro oltre 80 mila membri di AC, vi ha invitato a far «crescere la cultura dell’abbraccio nella Chiesa e nella società». Cos’è per te questa «cultura dell’abbraccio»?
«Che emozione se ripenso a quel 25 aprile! È come se ognuno di noi si fosse sentito abbracciato dal Santo Padre e dalle sue parole di amore, forza e incoraggiamento. Con lo stile dell’abbraccio l’AC deve provare a vivere l’idea tanto cara a papa Francesco della “Chiesa in uscita”, spendendosi nella carità, nell’accoglienza, nella vicinanza concreta, ma discreta, a chi vive situazioni di fragilità e difficoltà».
Quali attività avete in programma per i prossimi mesi?
«Essendo il nostro cammino il cammino stesso della Chiesa locale, attendiamo con gioia l’inizio dell’Anno Giubilare diocesano, domenica 10 novembre. Il sabato successivo, 16 novembre, Giornata nazionale della Colletta alimentare, l’AC avrà la responsabilità di organizzare la raccolta in alcuni dei supermercati più grandi della città, e molti ragazzi, giovani e adulti saranno impegnati come volontari in questa fondamentale giornata di solidarietà. Il cammino proseguirà nelle parrocchie per iniziare al meglio il periodo di Avvento e per vivere il nostro “Sì”, ossia la Festa dell’Adesione. Ogni anno essa non è un semplice passaggio burocratico da adempiere, ma per ciascun socio è il ribadire la propria appartenenza a una famiglia. A gennaio l’AC dedica da sempre un’attenzione particolare al tema della pace, per la quale non smettiamo mai di pregare, come ci suggerisce continuamente papa Francesco. Proseguirà, inoltre, il cammino di formazione per adulti e giovani “Prendi il largo” che, iniziato a Castelceriolo domenica 20 ottobre (nella foto in alto), proseguirà domenica 26 gennaio nella parrocchia Madonna del Suffragio di Alessandria. In primavera vogliamo collaborare con l’ufficio di pastorale giovanile per preparare tanti ragazzi e giovani a vivere l’esperienza del Giubileo: chi avrà la possibilità sarà a Roma ad aprile per il Giubileo degli adolescenti, o a luglio per quello dei giovani, ma vogliamo accompagnare tutti coloro che incontriamo nelle nostre parrocchie a vivere questo Anno Santo in modo bello, profondo e coinvolgente».
Che cosa diresti per invitare un giovane a fare la vostra esperienza?
«Nell’anno che ci porta alla canonizzazione di Pier Giorgio Frassati, pensando ai giovani, non posso non citare una sua frase celebre: “Vivere, non vivacchiare!”. Invitandoli a prendersi cura degli altri, del creato e delle proprie domande di vita. Credo che l’AC sia il luogo giusto per farlo».