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Il messaggio dei Vescovi a genitori e studenti: intervista al professor Angelo Teruzzi

Qual è il valore dell’insegnamento della religione cattolica nelle nostre scuole?

Nel novembre del 2024, la Presidenza della Cei, la Conferenza episcopale italiana, ha pubblicato un messaggio a studenti e genitori in vista della scelta di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica nell’anno scolastico 2025/26. Abbiamo chiesto al professor Angelo Teruzzi, responsabile dell’ufficio per l’insegnamento della religione cattolica della nostra Diocesi, di spiegarcene senso e contenuti. 

Professor Teruzzi, nella lettera dei Vescovi si legge: “Cogliamo l’occasione per invitarvi ad accogliere questa possibilità, grazie alla quale nel percorso formativo entrano importanti elementi etici e culturali, insieme alle domande di senso che accompagnano la crescita individuale e la vita del mondo”. Di quali “elementi etici e culturali” si sta parlando?

«Sono quegli elementi che si trovano nelle Indicazioni nazionali, concordate tra la Cei e lo Stato italiano. Fanno riferimento a tutta la tradizione della nostra storia da cui viene, o dovrebbe venire, la nostra identità, sia come individui sia come comunità».

Un esempio?

«Penso agli aspetti propriamente storico-razionali del Cristianesimo, che ha impastato lungo i secoli l’arte, la letteratura, la filosofia, le scienze, la morale privata e pubblica, le leggi, i costumi e in generale il modo di vivere occidentale. Il Cristianesimo è un evento storico in sviluppo: lo si può quindi studiare e lo si deve conoscere in quanto, nel bene e nel male, ha contribuito a costituire il nostro passato e continua a essere una radice viva di quello che siamo oggi».

Perché la scuola di Stato deve dare spazio alla religione cattolica?

«Perché lo studio della religione cattolica contribuisce con il suo aspetto alla crescita culturale delle persone. Tutta la nostra tradizione è stata imbevuta di religione, e se una persona oggi vuole essere inserita umanamente nel contesto sociale deve conoscere questi elementi. Così come si ha bisogno di conoscere la Storia, perché ci permette di chiarire meglio la nostra identità. C’è, quindi, un elemento nella materia di insegnamento che va valorizzato proprio per la sua dimensione civile, e questo giustifica la presenza della religione nella scuola di Stato. A noi cristiani può sembrare riduttivo, ma in realtà è un passo necessario a tutti, anche ai non credenti, per appropriarsi di un aspetto dell’esistenza dell’uomo che ha caratterizzato tutti i popoli, tutte le civiltà e tutti i tempi: la religione, intesa come una dimensione umana presente in tutto. E come per le altre materie, questo spinge a risollevare il problema educativo, non solo quello delle conoscenze. Ci riporta al tema dell’educazione, perché ci aiuta a capire questi contenuti e a vedere quanto interrogano le persone, quanto ancora sono vitali».

Insegnare religione è impegnativo: i docenti sono preparati, secondo lei?

«Più di metà dei nostri insegnanti stanno affrontando il concorso nazionale per l’ingresso in ruolo. Gli insegnanti di religione hanno certamente una competenza della materia e degli aspetti didattici dell’insegnamento, ma hanno anche una responsabilità di testimonianza. È una bella responsabilità, ma non è solo dei docenti di religione. Tutti gli insegnanti, se credenti, dovrebbero porsi il problema della testimonianza».

Un invito a genitori e studenti affinché scelgano di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica.

«È un elemento importante nella formazione della persona, contribuisce a capire meglio la realtà circostante. Già solo per questo ne vale la pena. Solo l’insegnamento di religione punta l’attenzione sulla dimensione religiosa, ponendo quelle domande di significato che gli stessi Vescovi evidenziano».

Andrea Antonuccio

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