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La Veglia per la Vita – Intervista a Larives Bellora e Diego Lumia dell’ufficio per la famiglia

«La speranza parte dalla vicinanza, dalla presenza. Quindi questa veglia è

per noi uno stimolo ad aprire gli occhi verso le realtà che abbiamo intorno»

Domenica 2 febbraio alle 21 nella parrocchia Sant’Alessandro si terrà una Veglia in occasione della 47a Giornata per la Vita. «È un incontro nel quale, prima di tutto, vogliamo ringraziare il Signore per il dono della vita. Ma vogliamo, attraverso delle testimonianze, promuoverla e raccontare ciò che di bello si sta facendo per la vita, nella nostra realtà» raccontano Diego Lumia e Larives Bellora (nella foto in basso) dell’ufficio della pastorale familiare della Diocesi di Alessandria.

Cosa si sta facendo nella nostra Diocesi per la vita?

Larives: «Sicuramente ci sono delle realtà che si occupano di aiutare genitori in difficoltà. Però a me ogni volta che c’è questa veglia sorge il dubbio: “Facciamo abbastanza anche come ufficio famiglia, come Diocesi, per accogliere le persone in difficoltà?”. Perché chi decide per l’interruzione di gravidanza, tante volte, è una mamma in difficoltà, sola o in un momento di paura rispetto al futuro. Il Giubileo della Chiesa ci invita a dare speranza, ma forse questa speranza non siamo ancora riusciti a farla arrivare a tutti, se tante volte si ricorre all’interruzione di gravidanza».

Come si fa a dare speranza?

Diego: «La speranza prima parte dalla vicinanza, dalla presenza. Quindi anche questa veglia, oltre a prendere forza nella preghiera, è anche per noi uno stimolo, come comunità cristiana, ad aprire gli occhi verso le realtà che abbiamo intorno. E la difesa della vita, la promozione della vita, non deve diventare un argomento per pochi, per chi si occupa per esempio di una pastorale. Ma dovrebbe essere, almeno per i cristiani, una questione che riguarda tutti. ci siamo accorti che, dalle testimonianze ascoltate in questi anni, ciò che ha dato speranza è stata la vicinanza di alcune persone. Non per forza devono far parte di un’associazione: quindi anche per noi questa Veglia e le testimonianze sono proprio un momento per interrogarsi su quanto siamo capaci di stare vicino alle persone in difficoltà. Nel caso della vita, i più deboli sono proprio i bambini che devono nascere, ma non solo: ci sono anche quelli che non vengono accolti, che vivono in famiglie difficili. Quindi, non vogliamo parlare solo di nascita, ma anche di educazione alla vita, per dare speranza ai bambini che ci sono adesso. Vorremmo proprio che la comunità cristiana fosse più vicina a tutti».

Che testimonianze ci saranno alla Veglia del 2 febbraio?

Larives: «Ci sarà la testimonianza di una mamma in difficoltà che, posta di fronte alla decisione di procedere con l’interruzione di gravidanza, si è affidata a una rete di sostegno. Grazie alla vicinanza e a un aiuto concreto, ha avuto la possibilità di superare questo momento complicato per lei, riuscendo a portare avanti la gravidanza e ad accogliere la vita che aveva in grembo. Ecco, dobbiamo costruire reti e collaborazioni. La pastorale familiare non può ridursi ai percorsi di preparazione, ma deve accogliere la famiglia in tutta la sua interezza: i bambini, gli anziani, tutti. Sarebbe bello far diventare la Chiesa una casa accogliente, familiare, come vuole papa Francesco. Cercando di dare un carattere familiare alla Chiesa. Perché è nella famiglia che c’è la cura, c’è la vicinanza, c’è il sostegno, e chiunque può entrare senza sentirsi giudicato, ma accolto come figlio di Dio».

Come avete pensato la Veglia?

Diego: «La Veglia partirà proprio con un momento di ringraziamento e di gioia, riconoscendoci tutti creati da Dio. Successivamente vivremo e ascolteremo queste testimonianze. Poi, ai piedi dell’Immagine della Salve che proprio in quei giorni sarà alla parrocchia di Sant’Alessandro, affideremo le nostre intenzioni e pregheremo per tutte le realtà in cui c’è bisogno che rifiorisca la vita. Nella Diocesi, nel mondo e attorno a noi».

Mi sembra che il vostro approccio non sia contro una mentalità, ma sia per costruire qualcosa di diverso.

Larives: «Certo, assolutamente sì. L’accento è sulla gioia del dono della vita. E riconoscere che ognuno di noi è un dono, e questa accoglienza, a cui spesso fa riferimento papa Francesco, ci indica una Chiesa aperta a tutti: “Todos, todos, todos”. Vorremmo, davvero, che tutti si sentissero così, anche se qualcuno ha idee e modi di vita diversi. Però, vorremmo che nessuno comunque si senta, in qualche modo, discriminato o escluso da questa accoglienza».

Sappiamo bene che per chi accompagna non è facile sostenere la situazione di una persona in difficoltà. Come possiamo dare per esempio una mano a una mamma in difficoltà, senza “morire” nella situazione, spesso drammatica?

Diego: «Noi abbiamo avuto purtroppo anche dei fallimenti. Però è importante, anche attraverso una Veglia come questa, fare rete con altre realtà presenti nel territorio e con le persone».

Larives: «Forse è appunto questo, il mettersi in gioco. Se tu mi vieni a parlare, io devo essere pronta non a trovare soluzioni semplici o scontate, ma a prendermi in carico la tua situazione, il rapporto con te, e stare con te in questa difficoltà. Forse manca questa vicinanza di cuore, di umanità, ma anche di spirito. È quel dare la vita che ti chiede Gesù. E dare la vita sta nella domanda che Dio fece a Caino: «Dov’è Abele, tuo fratello?». Ce la dobbiamo porre più spesso anche noi».

Quando avete fallito, come vi siete sentiti?

Diego: «Tristi, e molto scoraggiati. Però c’è la libertà delle persone, che è imperscrutabile. Anche nel fallimento siamo stati stimolati a fare di più, per trovare anche altri supporti».

Larives: «Sicuramente la sensazione è sempre di non aver fatto abbastanza, al di là delle decisioni personali, di non essere stati in grado di aiutare a scegliere la vita. Forse ci vuole più preghiera, più richieste al Signore per chiedere più grazie che ci aiutino».

Perché continuate, allora?

Diego: «La ripartenza nasce anche dalle esperienze positive che abbiamo vissuto entrambi. Alcune persone che conosciamo hanno portato avanti il dono della vita, nonostante tutto. E lì il Signore ha lavorato grandemente e ne abbiamo fatto esperienza. Diverse volte abbiamo visto la presenza del Signore all’opera e quindi sappiamo che non dobbiamo mai arrenderci, in ogni caso, indipendentemente dalla risposta. Anche il nostro servizio nasce da quello che abbiamo ricevuto gratuitamente, quindi alla fine è come se, da dentro, non riuscissimo a dire di no. È un po’ una pazzia: a volte non sappiamo se abbiamo i mezzi, però, intanto iniziamo a essere disponibili, e poi vediamo. Ovviamente non possiamo fare un accompagnamento da soli, in queste situazioni. Ma se alcuni non hanno un altro appoggio e vengono da te, vuol dire che te li manda il Signore. Poi dopo abbiamo comunque tanti amici intorno, non siamo soli».

Un invito alla Veglia?

Diego: «Vi invitiamo tutti a partecipare, sapendo che il Signore ama la nostra vita. Portiamo allora anche i nostri sogni davanti al Signore, davanti a Maria che in questo anno giubilare non mancherà di farci tante grazie. Iniziamo quest’avventura ringraziando il Signore per il dono della vita che abbiamo già ricevuto, e per tutto quello che ci donerà».

Andrea Antonuccio

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