Incontri diocesani di quaresima: si parte mercoledì 26 marzo
“C’è un tempo per ogni azione” è un format nato da un podcast realizzato nel 2024 da LaV Comunicazione, l’agenzia di comunicazione della Diocesi di Alessandria, nel quale i direttori degli uffici pastorali, le associazioni e gli enti hanno raccontato il loro agire pastorale.
«Nel costruire il percorso di Quaresima dello scorso anno, abbiamo pensato di partire da quel concetto di base, ma dandoci ogni anno la possibilità di raccontare una tematica diversa: l’anno passato era “C’è un tempo per curare”, mentre adesso rifletteremo sul tema del perdono». A raccontare i prossimi incontri di Quaresima è Enzo Governale, direttore delle Comunicazioni sociali della Diocesi.
Il primo appuntamento è fissato per mercoledì 26 marzo alle 21, al Teatro San Francesco (in via San Francesco ad Alessandria): oltre a Governale, parteciperanno Alessandro Poirè ed Elisa Boggeri, psicologi e psicoterapeuti, con una introduzione biblica a cura di don Matteo Sisti, sacerdote della Diocesi di Mantova, e le conclusioni di monsignor Guido Gallese, Vescovo di Alessandria.
Governale, come verrà trattato il tema del perdono in questi incontri di Quaresima?
«Il tema del perdono verrà affrontato in tre passaggi. Il perdono è un punto di arrivo, frutto di un percorso, non è un concetto che si può raccontare in modo immediato. È un cammino che parte da noi e arriva fino all’altra persona, non il contrario, come spesso siamo abituati a pensare. I tre momenti che abbiamo scelto per questo percorso seguono un ordine preciso e partono non dall’altro, ma da sé stessi. Il primo incontro è, appunto, “Conosci te stesso”; il secondo è “Conosci il peccato”, cioè il proprio agire; e, infine, “Conosci il perdono”, ovvero comprendere le conseguenze e gli effetti che l’agire ha su di sé e sugli altri. Quindi è un perdono che, certamente, va cercato nell’altra persona e per l’altra persona. Ma, ancora prima, è un dono che dobbiamo fare a noi stessi».
Perdono e Quaresima: come si legano insieme?
«Si legano in svariati modi. Il più “comune”, se vogliamo, ed è anche l’elemento che ha dato origine a questa riflessione, è il fatto che ciascuno di noi nel periodo quaresimale è abituato a fare un fioretto, quindi a rinunciare a qualcosa come forma di penitenza. Tendenzialmente si tratta di scelte che riguardano il cibo, e la più classica è: “Non mangio i dolci”. Perché? Perché è qualcosa che mi piace, e privarmene mi sembra un modo per rivivere, almeno in parte, il sacrificio di Cristo, soprattutto nella Settimana Santa. In realtà, senza una vera conoscenza di noi stessi non siamo in grado di capire a cosa siamo davvero chiamati a rinunciare in Quaresima. Senza sapere cosa abbiamo a disposizione, non possiamo decidere cosa sacrificare, cioè cosa rendere sacro. Attraverso questo percorso possiamo comprendere che cosa il perdono può portarci e qual è il suo legame profondo con la Quaresima: è un cammino che, attraverso il perdono, ci conduce a una nuova vita. Dalla morte alla risurrezione».
Primo incontro, mercoledì 26 marzo: “Conosci te stesso”.
«Tutti gli incontri saranno strutturati in tre momenti. Il primo è un’introduzione biblica al tema, affidata a un sacerdote diverso per ogni appuntamento. Nel primo incontro sarà don Matteo Sisti, della Diocesi di Mantova, a introdurci nel contesto biblico del conoscere sé stessi, mentre la parte finale sarà affidata al nostro Vescovo, che cercherà di dare un equilibrio tra l’approccio biblico e l’approfondimento specifico di ogni evento. Nel cuore del primo incontro saremo in tre: due psicologi e psicoterapeuti, oltre al sottoscritto. Proveremo a capire come fede e psicologia possano aiutarci a metterci di fronte a noi stessi e a conoscere meglio alcuni strumenti fondamentali, in particolare quelli psicologici. Questi strumenti non si sostituiscono alla vita spirituale, ma possono rappresentare il primo passo per imparare a conoscerci meglio, a comprendere come siamo fatti e perché, in alcuni casi, ci comportiamo in un determinato modo. È un percorso che ci aiuta a dotarci di strumenti concreti per vivere la Quaresima con quello che, secondo noi, è il primo passo essenziale. Solo dopo aver compiuto questo passo, si può passare al peccato, all’agire, al significato delle nostre azioni e alle loro conseguenze. Infine, dopo aver compreso gli effetti di queste azioni, l’ultimo passaggio è il perdono».
Fa “strano” vedere degli psicologi in un incontro organizzato dalla Diocesi. Psicologia e fede sembrano molto distanti… è davvero così?
«Fede e psicologia sono sempre state considerate in contrapposizione, ma non è così. Anche Gesù utilizza strumenti che oggi sono stati codificati e approfonditi dalla psicologia. Provando a unire le due parti possiamo dire che la fede (ma potremmo dire l’amore) è la terapia di Dio: il compito della psicologia è dare alle persone i giusti strumenti per riconoscere il non amore e prendersi cura delle ferite causate dalle incomprensioni incontrate nella propria vita. Insomma, entrambe concorrono al bene della persona, in questa vita e nella vita eterna. Se vogliamo azzardare un’associazione forte legata alla Quaresima, che magari farà storcere il naso a qualcuno, possiamo dire che la morte e la risurrezione di Cristo si avvicinano molto a un concetto oggi centrale in psicologia: la resilienza, ossia la capacità di trovare una nuova forma nonostante le difficoltà della vita. Certo, morte e risurrezione non sono esattamente la stessa cosa, ma il parallelo è interessante. In definitiva, fede e psicologia si intersecano, perché l’uomo non è fatto solo di ragione, né solo di emozioni, né solo di spiritualità o di materia: è un’unità complessa, e questi diversi aspetti si influenzano reciprocamente».
I sacerdoti sono un po’ psicologi?
«Il sacerdote deve essere, prima di tutto, sacerdote. Ma tra le capacità che può sviluppare nel suo ministero ci sono anche alcune competenze che si avvicinano a quelle dello psicologo. L’esperienza del sacerdote, che lo porta a riconoscere i problemi delle persone quando si confidano con lui, ha alcune somiglianze con il lavoro dello psicologo, che inquadra le difficoltà in modo più scientifico. Credo che il compito dello psicologo sia quello di mantenere il desiderio e la motivazione a guarire, di alimentare la speranza di guarigione e di infondere fiducia sia nella terapia in generale sia nel personale sanitario. Non nota alcune somiglianze con il ruolo del sacerdote?».
Il suo invito a partecipare a questi incontri.
«Se vuoi imparare a conoscere te stesso, questa serata potrebbe farti bene. Ma se pensi di conoscerti già, devi necessariamente venire!».
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