Commento al Vangelo di Luca:«Oggi Gesù chiama anche noi, perché ogni battezzato è inviato»

Il commento al Vangelo di don Stefano Tessaglia

 

Dal Vangelo secondo Luca – Lc 10,1-12.17-20

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.

Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.

Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città».

I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».

Il vangelo della XIV domenica del tempo ordinario presenta un momento importante della vita di Gesù e della sua prima comunità: l’invio dei settantadue discepoli. È un brano che mette al centro i concetti spirituali di missione, di fiducia, di comunione. Gesù non manda i discepoli da soli: li manda a due a due, e così insegna che la missione cristiana non è mai un cammino solitario. E li manda poi davanti a sé, a preparargli la strada, a dire che ogni discepolo è sempre un precursore, uno che annuncia la presenza di Cristo e ne prepara la venuta.

La prima parola che Gesù dice ai suoi che partono è chiara: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai!”. Questa è una constatazione non scoraggiata, ma un appello alla preghiera: “Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!”. La missione non nasce mai dall’iniziativa personale, e si nutre di preghiera. È Dio che chiama, è Dio che manda, il grosso del lavoro è il Suo! E ogni discepolo, prima di essere annunciatore o missionario, prima di progettare cosa fare o come farlo meglio, impara ad ascoltare le chiamate del Signore, disponibile a lasciarsi inviare.

Poi Gesù pronuncia una frase sconcertante: “Vi mando come agnelli in mezzo a lupi”. Non è forse un’immagine scoraggiante? Eppure è proprio questa la forza del Vangelo: gli agnelli non vincono con la violenza, ma con la mansuetudine; non con la forza, ma offrendo la vita, proprio come ha fatto l’Agnello Gesù. La vita cristiana, intesa così, non è conquista, sgomitare a scapito degli altri, affermare se stessi, ma testimonianza di carità e di amore. È questo, alla fine, il vero paradosso della Croce: la vittoria, nel Signore, passa sempre attraverso l’apparente debolezza o la sconfitta.

Il commento al Vangelo di Luca – Lc 10,1-12.17-20

Questo è il senso anche delle indicazioni concrete date da Gesù: “Non portate borsa, né sacca, né sandali”. È un invito alla povertà e alla libertà. Chi annuncia il Regno di Dio ormai presente, non può essere appesantito da troppe sicurezze, non deve contare sulle proprie risorse, ma fidarsi soltanto della provvidenza di Dio. Il discepolo missionario è colui che cammina leggero, libero da pesi sul cuore, pronto a incontrare gli altri senza pretese, soltanto fidandosi di Dio e seminando una Parola buona.

E ancora: “In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa!” Il primo dono del Vangelo è la pace, quella vera, che non è assenza di problemi ma comunione profonda con Dio e con i fratelli. La pace – “disarmata” e “disarmante” l’ha definita Papa Leone XIV – non si impone: si offre. È un dono che si riceve se c’è accoglienza, e anche questo Gesù lo dice chiaramente: se “non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Sono parole forti, che a noi suonano così poco politicamente corrette, ma realistiche e vere nel profondo: non sempre il messaggio sarà accolto. Ma come discepoli non possiamo restare incatenati neanche ai rifiuti. Il bene va seminato, anche quando non vediamo frutto, perché il seme è di Dio e suo è anche il raccolto.

Infine, il Vangelo ci presenta il ritorno gioioso dei settantadue: “Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome!” Gesù gioisce con loro, ma li invita a guardare più in profondità: “Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli”. È una provocazione questa, che ricorda che la vera gioia non viene dal successo, ma dall’appartenenza a Lui. Non dalle opere, ma dalla relazione con Dio. Il nostro nome è scritto nei cieli! E questo significa che siamo amati, conosciuti, custoditi dal Padre, nelle gioie e nelle fatiche, nei momenti di tante iniziative, ma anche quando ci sembra di servire a poco.

Oggi Gesù chiama anche noi, perché ogni battezzato è inviato. Non tutti saremo chiamati a partire per terre lontane o a lasciare tutto, ma tutti siamo inviati nelle nostre case, nei luoghi di lavoro, nelle strade del nostro quotidiano. Lì – ascoltando le chiamate del Signore – potremo essere portatori di pace, testimoni della luce, seminatori del Vangelo.

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