Care lettrici,
cari lettori,
tra le mani avete l’ultimo numero di Voce prima delle vacanze estive. Riprenderemo le nostre pubblicazioni con il numero di giovedì 11 settembre.
Questa settimana vi proponiamo un giornale molto vario: dalla esperienza di pastorale familiare nazionale dei nostri amici Diego e Larives ai festeggiamenti di San Bruno a Solero con l’abate di Montecassino; dalle belle immagini dei giovani della nostra Diocesi a Roma per il loro Giubileo al Paginone dedicato a Carlo Acutis (leggetelo, ne vale veramente la pena); fino alla storia, drammatica, di Giovanni D’Alfonso, l’appuntato dei Carabinieri ucciso il 5 giugno del 1975 in un conflitto a fuoco con le Brigate Rosse vicino ad Acqui Terme.
I meno giovani si ricorderanno certamente del rapimento di Vittorio Vallarino Gancia, della cascina Spiotta d’Arzello e di Margherita “Mara” Cagol, che rimase uccisa nello scontro con i Carabinieri. Ebbene, il nostro Alessandro Venticinque ha intervistato uno dei figli dell’appuntato D’Alfonso, Bruno (nella foto di copertina con il padre), e ha ripercorso con lui i passaggi chiave di quella vicenda: non solo per fare memoria degli “anni di piombo” che hanno insanguinato il nostro Paese, ma anche per capire se è possibile fare pace con il mondo e con il Padreterno dopo essere stati colpiti da una disgrazia di questo genere. «Per lei (la mamma di Bruno, ndr) sono stati anni difficilissimi. Aveva 36 anni, tre bambini. Siamo subito tornati a Pescara, dove abbiamo vissuto la maggior parte della nostra vita. Già a settembre del ’75 sono andato in collegio dei padri Somaschi, a San Mauro Torinese, vicino alla basilica di Superga. Sono stato un anno, poi sono tornato, perché lei mi voleva con sé» ha spiegato Bruno ad Alessandro. «Mia mamma ha vissuto non con la stessa rabbia che avevo io, perché ero alla ricerca della verità. Lei non ha mai seguito le varie vicende giudiziarie, si è rassegnata a questo grave lutto. Rimanendo sempre con un ricordo nel cuore».
Qual è l’atteggiamento più vero di fronte a una ingiustizia? Arrabbiarsi (magari anche con Dio), rassegnarsi o andarsene? Me lo sto chiedendo proprio in questi giorni, in cui ho avuto a che fare con fatti e persone che mi hanno molto deluso… insomma, è la questione aperta che mi porterò in vacanza. E se vi sembra troppo “seria”, mi dispiace: le ferie come fuga dalla realtà non mi attirano neanche un po’. Un abbraccio a tutti voi!
Ci rivedremo a settembre?
Andrea Antonuccio – direttore@lavocealessandrina.it