don mauro mergola

Si può essere felici per l’eternità? Dal 10 ottobre 2025 tre incontri su vocazione e amore per i giovani della Diocesi

Don Mauro Mergola: «Vogliamo presentare un progetto di vita che punta in alto»

 

Si intitola “Felici per l’eternità” il ciclo di tre incontri su vocazione e amore, organizzato dalla pastorale giovanile diocesana. Questi appuntamenti, dedicati ai giovani fino ai 35 anni, si terranno alla parrocchia Cuore Immacolato di Maria (via Monteverde 2, Alessandria). Il primo incontro è fissato per venerdì 10 ottobre: il ritrovo è alle 18.45 e, dopo le testimonianze e le attività, è prevista la cena insieme. Abbiamo chiesto a don Mauro Mergola (nel tondo), responsabile della pastorale giovanile, di raccontarci l’iniziativa: «Gli incontri sono tre capisaldi di qualsiasi riflessione sul senso della vita. Il primo punto è la vocazione; il secondo punto è il discernimento, cioè come faccio a capire che Dio c’entra con me e con la mia vita. E, infine, l’accompagnamento. Come un grande puzzle, siamo chiamati a mettere insieme i pezzi e a capire qual è il profilo che viene fuori».

Don Mauro, perché un ciclo di incontri su vocazione e amore?

«Nasce dal desiderio di accompagnare i giovani che frequentano le nostre comunità parrocchiali e le iniziative della pastorale giovanile a dare sempre un senso più profondo, più ampio, alla propria vita. Per noi cristiani questo si chiama vocazione, all’interno della quale si inseriscono poi tutte le scelte di vita quotidiana che vanno dallo studio al lavoro, fino alle scelte professionali o alle scelte anche di servizio e volontariato. Ma per evitare di fare una vita a “compartimenti stagni” o a spot, il dare un senso vocazionale all’esistenza con un progetto unitario facilita l’integrazione di ogni scelta ed evita la dispersione di energie. E, soprattutto, permette di non avere rimpianti per occasioni perdute o rimorsi per passi falsi fatti».

E l’amore?

«La vita cristiana nasce dall’amore di Dio per noi. La nostra esistenza nasce dall’amore e viviamo per essere segni di questo amore. Concretamente, attraverso questo primo anno di pastorale giovanile, in cui mi sono trovato in mezzo ai giovani della nostra Diocesi, ho incontrato diversi giovani anche fidanzati. Ed è nato il desiderio di essere formati e accompagnati sulla loro vocazione all’amore, in un principio anche di fidanzamento che vuole essere illuminato dalla fede».

Tre incontri per i giovani.

«Dedicati ai giovani, per i giovani e anche progettati con i giovani, insieme con l’ufficio di pastorale della famiglia della nostra Diocesi e con il consultorio Ucipem, che svolge servizio nel territorio in via Vescovado 33. Questo per far percepire che la chiamata all’amore coinvolge tutte le dimensioni della persona e coinvolge anche le relazioni che ogni persona vive. Compresa quella della propria famiglia, ovvero la prima scuola dell’amore».

Il primo incontro si terrà venerdì 10 ottobre.

«Parlerà il nostro Vescovo, monsignor Guido Gallese, che ci aiuterà a impostare l’argomento sul tema della vocazione. Cosa intendiamo per vocazione e cosa vuol dire vivere una vocazione all’interno di un’esperienza di coppia? Perché la vocazione cristiana è mai individualista, ma sempre in comunione. E poi interverranno, come testimonianza su questo tema, Stefano D’Anna e Vittoria Tavarnesi, una coppia di sposi con due figli. Lui del Rinnovamento nello Spirito e lei di Azione Cattolica, i quali ci racconteranno cos’è significato per loro conoscersi, innamorarsi e sposarsi, corrispondendo a una precisa vocazione. Stefano ha fatto anche un cammino di discernimento per capire se la sua strada fosse quella del ministero ordinato, del seminario. Una chiamata a seguire il Signore l’ha sentita forte… ma ha visto che la sua risposta vocazionale è passata attraverso la sua sposa».

Il secondo incontro sarà venerdì 7 novembre.

«Interverrà don Enrico Ponte, un salesiano che come servizio fa il maestro dei giovani novizi salesiani che si trovano al Colle Don Bosco. Lui ha avuto anche esperienze dell’accompagnamento nel discernimento di giovani coppie di fidanzati. E poi interverrà anche una coppia legata alle famiglie che ruotano intorno al movimento giovanile salesiano: si tratta di Carolina Marocco, con il marito Alessandro, che abitano a Riva presso Chieri. Loro hanno fatto della spiritualità salesiana il loro modo di seguire il Signore Gesù, e ci aiuteranno a comprendere cosa significhi da cristiani fare il discernimento e capire se la persona che sta al tuo fianco è quella che Dio ha pensato per te, oppure no».

Venerdì 5 dicembre, il terzo incontro.

«Qui ci concentriamo sull’accompagnamento. Perché, come capita in tutte le cose, di fronte a un’esperienza nuova, la difficoltà più grossa è la “manutenzione”. Soprattutto per quanto riguarda le relazioni e gli affetti, che rischiano di non essere coltivati. Per cui faremo un incontro dove presenteremo le varie proposte in Diocesi legate alla spiritualità coniugale, di accompagnamento alle coppie sposate o non sposate, con i vari movimenti o esperienze legate a istituti religiosi. Rifletteremo sul tema della direzione e dell’accompagnamento spirituale. In più, il consultorio farà un approfondimento sul tema delle dinamiche psicologiche che entrano a far parte della nostra vita e che, talvolta, vengono confuse con dinamiche spirituali».

Perché un giovane, vicino o lontano alla Chiesa, dovrebbe partecipare a questi incontri?

«Perché parliamo della sua felicità. Noi siamo dell’idea che bisogna proporre alle persone un percorso finalizzato a dire: “Io voglio essere felice, come faccio?” spiegando alcuni criteri per imparare a essere felice. E poi, aiutandole a saper leggere la propria vita, sapendo che è tutto scritto dentro e che ciò che capita è un tesoro prezioso che va, in qualche modo, approfondito. Altrimenti il rischio è che, come direbbe Pier Giorgio Frassati, si sopravviva ma non si viva. E questo vale anche nell’amore».

Esiste una ricetta per la felicità eterna? Perché poi la realtà entra “a gamba tesa” sulla teoria…

«La sfida è rendersi conto che esiste questo gap tra l’attesa e la realtà. Ed è il motivo per cui abbiamo messo il tema dell’accompagnamento. In questo cammino presentiamo un progetto di vita che punta in alto e che tiene conto di una realtà che intorpidisce. Ma diamo degli strumenti affinché una persona non si senta sola. Oggi, di fronte ai fallimenti affettivi, tante volte ci si trova soli davanti alle decisioni importanti, con delle conseguenze che lasciano il segno nel tempo e, in alcuni casi, anche per l’eternità».

Cosa diresti a un giovane per invitarlo a questi tre incontri?

«Viene spontanea la frase del Vangelo: “Vieni e vedi”. Non fermarti ai pregiudizi, ci interessi per quello che sei e non chiediamo nulla in cambio. E poi desideriamo vederti felice, e che tu costruisca un progetto nel quale poter dire: “Ne è valsa la pena”».

E a chi è fuori dal “mondo” della Chiesa?

«Chiedo l’intelligenza di ascoltare e non giudicare. La sfida grande è far percepire, anche a chi non è del nostro “giro”, che le parole dette tocchino il profondo del loro cuore. Non con un linguaggio per adepti, ma che possano far dire: “Stanno dicendo delle cose che, più o meno, condivido. Cose che scaldano il mio cuore, cose che io sento, che penso e che ho sempre intuito, ma che non ho mai verbalizzato”».

Tutto questo non è semplice neanche per chi è “dentro” la Chiesa.

«No, affatto. Come direbbe San Francesco di Sales, la comunicazione funziona quando il cuore parla al cuore. Se parla la testa arriva alle orecchie, e non è neanche detto che arrivi alla testa di chi ascolta. Se parli con il cuore, ovvero se sei appassionato e ci credi, probabilmente tocchi il cuore di chi ti ascolta. E prescinde da un’adesione formale o meno a una prospettiva di fede. Questa è la fatica, anche da un punto di vista personale: per scaldare il cuore, prima sono chiamato a lasciarmi scaldare il cuore, lasciarmi appassionare dal Signore. E, quindi, più Lui ha parlato al mio cuore, più tu sarai in grado di parlare al cuore di chi ti ascolta. E questo diventa per noi sacerdoti, per me in particolare, un esame di coscienza costante».

Alessandro Venticinque

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