Anche se qualcuno ci prova…
Come tutti, penso, ho seguito a suo tempo con un certo interesse l’ascesa del Movimento 5 Stelle.
Nato (almeno in apparenza) dal basso, con l’obiettivo dichiarato di tutelare concretamente la base popolare nei confronti di un certo modo di fare politica, presentava sicuramente dei punti validi all’interno del suo programma (e penso continui tuttora a farlo).
Certo è che gli sviluppi successivi, soprattutto dopo la morte di Gianroberto Casaleggio, hanno destato parecchie perplessità. Non sto parlando solo del caso della “repubblica romana”; quello della Capitale è un caso a parte, le disgrazie della Raggi, pur significative, preoccupanti e alle quali bisognerà prima o poi porre rimedio, non devono essere prese ad assoluto paradigma del modo di governare grillino.
Sono piuttosto le ultime trovate del Beppe nazionale a lasciarmi molto interdetto. Mi riferisco in particolare al cambiamento del Codice etico, che, ma solo per i malpensanti, parrebbe ora strutturato appositamente per tutelare il più possibile la Raggi, appunto, da eventuali guai giudiziari, ma anche alla proposta di istituire una “Giuria popolare”, competente a denunciare eventuali “falsità” che dovessero apparire sui media, in particolare sui giornali, con conseguente obbligo di pubbliche scuse dei direttori delle pubblicazioni riconosciute responsabili di aver diffuso tali falsità. In base a quali criteri si andrebbe a stabilire che una notizia è più o meno “falsa”? Da quali esperti sarebbe formata questa “giuria”? Siamo poi sicuri che l’unico criterio non sarebbe, in ultima analisi, quello della vicinanza o meno alle teorie del movimento? Insomma tutta una serie di perplessità che al momento mi lasciano molto sconcertato, convinto come sono, da sempre, che il direttore di una testata debba rispondere solamente, oltre che alla Legge, alla propria coscienza e ai propri lettori. La proposta in sé potrebbe essere anche abbastanza innocua, una specie di boutade natalizia, ideata per attirare ancora una volta l’attenzione e destinata ad autoestinguersi naturalmente, ma potrebbe anche essere, invece, l’embrione di una ulteriore sorta di censura sulla stampa e sui media in generale. Neppure di questo ha certamente bisogno il Paese.
Gian Luca Lamborizio