Nel mio articolo su Avvenire di mercoledì ho fatto alcune riflessioni sull’olio extravergine, partendo dal fatto che in Cina la produzione cresce di anno in anno, non solo perché l’olivo è un importante fattore economico, ma è l’unica fonte alimentare di antiossidanti fenolici appartenenti alla classe dei secoiridoidi. Eppure in Italia lo si dà per scontato mentre c’è chi – leggi Inghilterra – ha acceso il semaforo rosso su questo prodotto. Ma la Cina è talmente convinta della bontà dell’olio che ha persino registrato un + 31% nell’importazione dall’Italia nei primi nove mesi del 2017. Nonostante ciò si addensano alcune ombre sul mercato olivicolo italiano, che ha subìto una flessione dell’export in generale del 17% e che deve affrontare la concorrenza delle produzioni superintensive, come quella della Spagna, che sta conquistando i nostri tradizionali mercati esteri con la politica dei prezzi bassi. Che fare? Adottare anche noi il metodo superintensivo oppure affermare la qualità delle nostre cultivar? La risposta la darà il mercato, ma almeno possiamo auspicare un intervento della politica che orienti il mercato verso la specificità nazionale, evitando di lasciarlo in balia degli eventi.
Paolo Massobrio