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Il dopo «Giotto ad Alessandria»

La sera di domenica 22 aprile s’è chiusa la mostra «Giotto. La Cappella degli Scrovegni» dopo 15 intensi giorni di visite. L’hanno visitata 42 classi di alunni di scuole diverse, dalla primaria alla secondaria superiore, in orari a loro dedicati. Il totale dei visitatori è stato di oltre 3.000 persone. La mostra è stata l’esito di un progetto di alternanza scuola-lavoro, proposto dagli Uffici diocesani della scuola, della pastorale giovanile e della comunicazione sociale, che ha coinvolto più di 30 studenti del Liceo scientifico Galileo Galilei e dell’Alexandria International School, con il contributo della Fondazione Cral e del Rotary Club Alessandria. Gli studenti hanno partecipato, a partire dal novembre scorso, alle diverse fasi di preparazione dell’evento, divisi in gruppi specifici: multimedia, presentazione, istituzionale, laboratori e segreteria. Tutti poi si sono proposti come guide e come esperti di laboratorio didattico nei giorni di apertura della mostra. «Ho migliorato il mio modo di essere e sono diventata più coraggiosa» afferma Cecilia. Molti di loro sono stati colpiti dall’interesse mostrato soprattutto dai bambini: «Ho capito il senso della frase: guardare con gli occhi di un bambino!» dice Marianna. «I bambini erano i più interessati» aggiunge Giulia. Ma sono passati anche studenti della scuola secondaria inferiore e superiore, con i loro insegnanti, che spesso hanno incoraggiato e applaudito i coetanei impegnati nel loro compito, così come gli adulti che hanno affollato la chiesa di san Giacomo della Vittoria, dove la mostra era collocata. Nel libro dei visitatori molti hanno lasciato giudizi positivi e ringraziamenti: «Grazie per aver portato un pezzo di storia, di arte e di cultura», fino all’affermazione un po’ polemica, ma significativa: «Finalmente uno sprazzo di luce in Alessandria». In effetti la parola «luce» può essere presa come chiave interpretativa fondamentale dell’evento, perché la bellezza, di cui in mostra è stata possibile fare l’esperienza, illumina i significati veri della realtà, apre alla comprensione e invita, come il cielo blu di Giotto, a guardare in alto ed a comprendere che il cuore dell’uomo è pieno di un desiderio sconfinato. Le guide hanno sperimentato come sia bello aver qualcosa da comunicare, qualcosa che al di là delle differenze di età e di cultura unisce in un’esperienza comune, fa sentire partecipi di uno stesso destino umano. Vuol forse dir questo la parola, oggi talora abusata, di «integrazione»? Che ragazzi musulmani spieghino la storia raccontata da Giotto o studenti indifferenti o buddisti (e ne sono passati) si appassionino per le vicende di Cristo, è già di per sé un fattore di meraviglia umana, come quella che si esprime nel sorriso dei cammelli («anche i cammelli fanno Oh!Oh!») nella scena dell’adorazione dei magi. Roberto Filippetti, il curatore della mostra, ci ha lasciato nel libro dei visitatori un prezioso commento: «Et incarnatus est: questo ci dice la Madonna del latte affrescata qui in San Giacomo nel 1395; questo ci dice Giotto nel grande ciclo pittorico della Cappella Scrovegni. Grazie, amici di Alessandria, per questo allestimento della mostra in un luogo così adeguato. Che il vostro lavoro culturale sia pieno di stima per l’uomo, per la «carne» del singolo uomo, per la dignità inalienabile dell’uomo. Caro cardo salutis».

Angelo Teruzzi

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