Medico Pediatra di base ad Alessandria, Sabrina Camilli svolge il suo lavoro presso uno studio di pediatria di gruppo insieme con altre tre colleghe. Si occupa di Medicina Integrata da circa 20 anni. È esperta in Omeopatia ed Omotossicologia per le cui discipline è iscritta presso l’Albo relativo presso l’Ordine dei Medici Chirurghi di Alessandria. È inoltre esperta di Medicina Funzionale (branca che si occupa dei meccanismi di adattamento allo stress) ed è docente da diversi anni presso l’omonima scuola. Attualmente è presidente dell’Associazione Remedia, costituita da medici, odontoiatri e veterinari esperti nelle varie medicine complementari. Inoltre è Cooperatrice salesiana.
«Le quattro cose più importanti legate alla mia persona e alla mia professione sono spiritualità, preghiera, relazioni con le mamme e i papà, alimentazione». Inizia così la nostra chiacchierata con la dottoressa Sabrina Camilli, collaboratrice di Voce e nota pediatra alessandrina. Anche se lei si ritiene molto “italiana”, in quanto nata a Palermo da padre toscano e madre siciliana, con nonno di Viterbo. Ha vissuto sin da bambina nella nostra città, e poi ha studiato per dieci anni a Genova, dove si è laureata e specializzata in pediatria.
Dottoressa Camilli, che cosa c’entra la spiritualità con l’ansia delle mamme? Oppure la preghiera con l’alimentazione?
«Sin da piccola, in particolare la nonna paterna e poi i miei genitori, mi hanno insegnato a coltivare la parte spirituale della mia persona. E siccome so che niente capita per caso, la mia “vocazione” è nata presso la grotta di Lourdes, al terzo anno delle superiori».
Che cosa è successo, a Lourdes?
«Sono andata come Dama dell’Oftal, e ho capito che occuparmi di chi aveva problemi di salute poteva essere la mia strada. Ho sempre avuto un debole per i bambini, tanto che da piccola volevo fare l’infermiera dei più piccoli. E poi sono cresciuta nei cortili salesiani, occuparmi dei piccoli è stato quasi la consegna di un testimone. Tanto avevo ricevuto tanto avrei dovuto dare».
Torniamo alle quattro cose…
«Per me, è molto importante rapportarmi con il divino e con Gesù in particolare. Tutte le mattine cerco di dedicare alcuni minuti alla lettura del Vangelo e offrire la mia giornata chiedendo aiuto per le difficoltà che si presenteranno, e pregando per le persone care o più bisognose. Compreso il Papa, che ci chiede sempre di pregare per lui. Vorrei poter partecipare come fanno diverse mie amiche alla Messa quotidiana, ma non sempre mi è possibile. Tutto questo mi permette di affrontare molto più serenamente lo stress quotidiano, ed è per questo sento che se più persone si affidassero e confidassero nella preghiera potrebbero sicuramente credere in quella serena Provvidenza che permette di comprendere o di accettare l’Incomprensibile. Il rapporto con Gesù e con la Mamma celeste mi aiuta a tenere insieme con un senso tutti gli ambiti della mia vita, e ad avere anche molta pazienza con me stessa. Per i limiti e le difficoltà che fanno parte di me».
La fede aiuta a lavorare meglio?
«Sì. Aiuta soprattutto a rimettersi in discussione continuamente e a fare riferimento al modello di Amore più grande. Quello che sto dicendo potrebbe sembrare un modo per “farsi belli” di fronte a qualcuno: ma in realtà è dare testimonianza del proprio credo di fronte al mondo. Come Gesù stesso ci chiede nel Vangelo, con umiltà e spirito di servizio».
La fede ha influenzato anche il suo percorso di studi?
«La ricerca della verità mi ha portato a chiedermi quali fossero le migliori cure per i miei piccoli pazienti, senza preconcetti e pregiudizi. Così dal 1998 ho iniziato ad approfondire campi della medicina spesso ritenuti collaterali, ma utilizzati con successo in molte parti del mondo: omeopatia, omotossicologia e oggi, in particolare, medicina funzionale».
Cos’è la “medicina funzionale”?
«La medicina funzionale si occupa della fisiologia degli esseri viventi e delle risposte neurovegetative allo stress e ai suoi effetti sulla persona. Una metodica molto attuale, che mi permette di capire come e perché il mio paziente si ammali e come affrontare il recupero e la guarigione utilizzando meno farmaci “tradizionali” se possibile e più farmaci fitoterapici, biochimici e omeopatici».
I bimbi di oggi sono stressati?
«Gli studi ci dicono che il bambino risente a livello genetico, epigenetico (la parte “adattabile” dei nostri geni, ndr), nervoso e ormonale del vissuto materno durante la gestazione. Quei famosi nove mesi sono fondamentali, come i primi sei anni di vita, per la struttura fisica e psico-emozionale del bambino. Se per esempio in una famiglia il clima è positivo nonostante le fatiche e lo stress quotidiano, il bambino sarà in grado di affrontare in maniera più sicura e assertiva le sfide della sua giornata. Al contrario, un contesto familiare in cui predominano rabbia, aggressività, paura o tristezza, renderanno il bagaglio psico-emozionale del bambino molto più pesante e meno vincente».
Cosa c’entra l’alimentazione?
«Rispondo con due frasi attribuite a Ippocrate: “Noi siamo quello che mangiamo” e “Fa’ che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo”. L’esempio più evidente è quello dello zucchero, in particolare raffinato. I nostri bambini assumono molto più zucchero di quanto sia necessario e questo determina, anche se pochi lo sanno, una dipendenza e un aumento della iperattività e ipercinesia. Altra cosa che reputo importante è seguire la “cronobiologia” dell’alimentazione…».
Urge spiegazione.
«Ci sono mamme che, per una moda o perché lo hanno sentito dire, se non addirittura per comodità, propinano ai loro figlioli pasti non completi. Per esempio; a pranzo, un primo con le verdure, e a cena un secondo, magari sempre con verdure ma senza carboidrati. Ma questo per il bambino in crescita è deleterio. Le proteine, sia vegetali che animali, devono essere presenti sia a pranzo che a cena, perché le proteine sono fondamentali per la struttura dei nostri tessuti. Oltretutto, il nostro corpo, in base alla fisiologia, ha necessità energetiche maggiori nella prima parte della giornata. Mentre nella seconda parte svolge un’azione anabolica, cioè di deposito e formazione delle strutture dell’organismo. Questo in sostanza significa che dovremmo fare una colazione da re, un pranzo da principe e una cena da povero. Ma spesso facciamo il contrario: saltiamo il pranzo e alla sera arriviamo affamati e quindi esageriamo. Questo non fa bene a noi, ma è ancora più dannoso per i nostri bambini, che non avranno gli elementi essenziali per crescere al meglio».
Lei ha a che fare con mamme fin troppo preoccupate: come fa a non assorbire la loro ansia?
«Non solo le mamme… ma anche le nonne, i nonni e spesso pure i papà! Sono spesso dei grandi “contenitori” e distributori di ansia (sorride). E questo succede soprattutto nei primi mesi di vita del bambino, dove tutto sembra causa di ansia proprio perché ci si trova inesperti davanti a questi esserini che vengono al mondo senza le istruzioni per l’uso. È molto importante che si permetta alla mamma di poter recuperare al più presto, dopo il parto, il proprio equilibrio psicofisico. Il sonno delle mamme è molto importante e la sua carenza porta a irritabilità, ansia e nervosismo che si trasmettono di conseguenza al neonato. Supportare le mamme è quindi una priorità, cercando di ridurre il carico di incombenze e responsabilità. Quante volte sento dire: “La mia amica, la vicina, mia madre dice che dovrei fare questa cosa in questo modo, altrimenti la salute del bambino potrebbe avere gravi conseguenze…”. Questo atteggiamento, molto frequente, non è corretto e rende la mamma più insicura di quanto sia già. Molto spesso le chat delle mamme, invece di essere un aiuto e un conforto, incitano all’automedicazione o a creare allarmismi ingiustificati. Non è questo il modo per aiutare una mamma a fare il meglio per il proprio figliolo».
Che cos’è “il meglio” per i figli?
«Penso sia importante che i genitori abituino i loro piccoli ai “no” che fanno crescere. Consiglio due utilissimi libri uno con questo titolo “I no che aiutano a crescere” di Asha Phillips, l’altro “I vostri figli hanno solo voi” di Bruno Ferrero. I bambini hanno bisogno di regole, che accettano se queste sono proposte per il loro bene e con amore. Se per esempio un bambino piccolo dà un calcio alla nonna, anche solo per scherzo, la mamma non deve sorridere e il bambino deve capire che ciò che ha fatto è sbagliato. È già risolutivo guardare seriamente il bambino e poi rifiutargli lo sguardo per alcuni minuti. Per fargli capire che quel comportamento non è corretto. Non sempre è facile mantenere la calma e sorridere e spesso quando le richieste in ambulatorio sono pressanti anche la mia ansia aumenta. Poi faccio un bel respiro profondo e penso alla raccomandazione che mi fece anni fa un prete salesiano: “Sabrina il mondo non lo salvi tu ma Gesù in ogni istante”. E piano piano l’ansia scompare».
A cura di Andrea Antonuccio