NUOVE VOCAZIONI
Sabato 22 il solerino Nicola Robotti è stato ordinato diacono a Roma
Sabato 22 giugno, alle 15.30, nella basilica romana di Santa Maria Maggiore monsignor Paolo Pezzi, arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, ha ordinato due sacerdoti della Fraternità San Carlo di Roma. Nella stessa celebrazione sono stati ordinati cinque diaconi: uno di loro, Nicola Robotti, 42 anni, è di Solero. Lo abbiamo intervistato prima della sua partenza per Colonia, in Germania, dove si trasferirà per vivere la missione insieme con i sacerdoti della casa della Fraternità San Carlo già presenti nella città tedesca.
Nicola, come ti senti ora che sei diacono?
«Da una parte mi sento più definito, completo, anzi completato, e quindi c’è tutta la gioia e la contentezza che viene dall’aver fatto un cammino. Dall’altra, avverto tutta la sproporzione tra lo Spirito Santo e la mia umanità». Ma il diaconato prima, e il sacerdozio poi, sono solo per chi se li merita? «Assolutamente no, altrimenti i preti e i diaconi sarebbero pochissimi! Io sento chiaramente tutto l’abbraccio della Misericordia divina che valorizza quel poco che posso dare: i miei cinque pani e due pesci».
Facciamo un passo indietro: quando hai capito che questa poteva essere la tua strada?
«È stata un’intuizione che si è sviluppata in un cammino. In Canada, 12 anni fa, ho conosciuto dei sacerdoti della Fraternità San Carlo che vivevano insieme in un modo per me molto affascinante. Da lì ho cominciato a chiedermi se quella avrebbe potuto essere una possibilità anche per la mia vita».
Che cosa è successo dopo?
«All’inizio non l’ho preso così seriamente, questo pensiero (sorride)… l’ho un po’ considerato come una cosa estemporanea. Ma la domanda continuava a ripresentarsi, finché non è diventata talmente pressante che non ho potuto evitare di considerarla seriamente. Ne ho parlato con un mio amico prete, non della San Carlo, che mi ha dato il suo aiuto nel guardare a questa “vocina” come a un’ipotesi vera per me. Era il 2009: il cammino serio di verifica è iniziato proprio in quel momento».
Perché a Roma?
«I preti del Canada, quelli che mi avevano colpito all’inizio, erano proprio della Fraternità San Carlo, che ha sede proprio a Roma. Era una “forma”, la loro, che mi sembrava più corrispondente di altre».
Quando hai deciso di entrare nel seminario della Fraternità San Carlo?
«Ho chiesto nel 2012, e poi sono entrato nel settembre del 2013. Quello del seminario è stato un cammino di approfondimento e di lavoro, sono molto riconoscente a chi mi ha guidato. E sono stati tanti gli incontri con i sacerdoti della Fraternità che mi hanno stimolato e confermato nella scelta».
Quali sono le peculiarità della Fraternità San Carlo?
«Siamo una realtà missionaria, le vocazioni arrivano da diverse parti del mondo. Ma c’è un’altra peculiarità: ed è che viviamo insieme, in case in cui facciamo una vita in comune. Inoltre, durante la formazione siamo inviati per alcuni periodi nelle nostre case di missione. Io, per esempio, al quarto anno di seminario sono stato mandato in Kenya».
Chi ha partecipato alle Ordinazioni e alla festa successiva, sabato scorso, non ha potuto non stupirsi del clima positivo tra voi Ordinati, e tra laici e sacerdoti. Da dove arriva questa contentezza?
«Ognuno trasmette la gioia che vive. Vivere e dare tutto a Cristo, e che Lui lo accetti meglio di come noi siamo capaci di darlo: questo è pacificante. È questo il punto su cui uno poggia, e a questo serve la nostra vita in comune: a tener presente che il centro è Cristo. Aggiungo una cosa: sono stato contento che sabato alla mia Ordinazione siano venuti tanti miei amici, anche da Alessandria, Solero e Quargnento. Tra loro, ringrazio in particolare don Mario Bianchi, che è stato mio parroco a Solero per diverso tempo».
Oltre agli amici c’erano anche i tuoi genitori e tuo fratello: che cosa hai provato di fronte a loro?
«La gioia, più di tutto. E una grande riconoscenza, perché erano lì con me».
Adesso, a 42 anni, sei destinato a partire a breve per la Germania insieme con Riccardo Aletti, ordinato diacono con te. Non hai paura di questa “novità”?
«No. Di che cosa dovrei avere paura? Vado in Germania con lo stesso spirito con cui sarei andato in Cina… o in qualunque altro posto nel mondo!».
Andrea Antonuccio