La testa e la pancia di Silvio Bolloli
La difesa della squadra scricchiola
Molti anni fa, a margine di una trasmissione sportiva a “Telecity”, uno dei colleghi commentatori delle gesta dell’Alessandria Calcio – nel caso di specie Jimmy Barco – disse una di quelle frasi che mi rimase impressa: «La difesa di una squadra comincia con il centravanti». Una simile affermazione, benché non mi fosse mai passata neppure per l’anticamera del cervello, a ben guardare era assolutamente ovvia: certo, perché il primo difensore della squadra è proprio il “vecchio” numero 9 laddove cerca di contrastare il rilancio del libero o del difensore centrale (come si usa dire oggi) avversario. Dunque, proprio la difesa è uno degli aspetti fondamentali del gioco del calcio che amiamo così tanto anche se, tutte le volte che si pensa a una squadra si immaginano sempre i giocatori come fossero gli omini del Subbuteo e si pensa a ciò che ciascuno dovrebbe fare nel momento in cui avrà il pallone tra i piedi ma, nella maggior parte dei casi, non ci si domanda invece il compito al quale dovrebbero assolvere quando la sfera non l’hanno: mi riferisco ai famosi movimenti senza palla, quali la capacità di intervenire sul pallone un momento prima che questo, indirizzato da un avversario ad un compagno, gli finisca tra i piedi oppure al talento di saper spezzare le trame della squadra avversaria sul nascere, talvolta ricorrendo a quelli che sono stati definiti falli tattici.
Questi concetti, sovente dimenticati ma, come detto, a ben guardare semplici ed elementari, sono stati sfiorati dal nuovo allenatore Angelo Gregucci con un’affermazione all’apparenza insensata ma in realtà piena di significato: «Non ci si difende davanti alla porta». Questo era l’enorme limite dell’Alessandria del neo-esonerato Cristiano Scazzola: il fatto di pensare ad impostare la propria manovra ma non a distruggere quella avversaria in tal modo consentendo, anche alla squadra più scarsa (lo si è visto domenica scorsa con l’Olbia al “Moccagatta”), di far bella figura esibendosi in un armonioso palleggio e arrivando fino ai limiti dell’area di rigore. Senza contare il fatto che un simile atteggiamento tattico finisce col mettere in crisi anche la migliore delle difese che, priva del filtro del reparto di centrocampo, si trova costretta ad affrontare gli attaccanti avversari a mo’ di calata barbarica andando in sofferenza. Senza voler gettare la croce su nessuno, questo è quanto era mancato all’Alessandria col vecchio allenatore: questo è il primo concetto che il nuovo tecnico dovrà inculcare ai suoi uomini.