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Medici in guerra ma senza scudi

Intervista alla pediatra Sabrina Camilli

Dottoressa, dopo una settimana com’è la situazione “pediatrica” in provincia?
«Per quanto riguarda la popolazione pediatrica le notizie sono sempre positive. Abbiamo qualche caso ma sono pochi, contenuti e per quello che so anche di scarsa gravità. E questo è un dato che continua a rincuorarci. Da quello che ci dicono colleghi di tutta Italia, casi sporadici possono esserci e sono sottoposti a cure adeguate e tempestive, visto che le terapie intensive pediatriche sono disponibili e operative al 100%. Come pediatri cerchiamo di invitare i familiari dei bambini sospetti a comunicarlo al proprio medico di famiglia, soprattutto se sintomatici. Ridurre al minimo i contatti esterni è fondamentale in questo caso. Purtroppo sono a conoscenza di persone che sono state invitate a uscire di casa per ritirare ricette o accedere allo studio. Pur essendo conviventi di persone in quarantena…».

Se conosciamo un contagiato “vicino” a noi, come dobbiamo comportarci?
«È fondamentale non allarmarsi ed essere razionali. Se per esempio, un tuo vicino di casa viene portato via con l’ambulanza, è importante ricordare se ci sono stati contatti ravvicinati con lui nelle ultime due settimane: come salire insieme in ascensore o parlare a una distanza minore del metro e mezzo. Se questo non è avvenuto si può stare tranquilli. Poi è importante capire che per almeno altri 15/20 giorni l’isolamento domiciliare è obbligatorio per ciascuno di noi. I dati attuali ci dicono che c’è un minimo graduale rallentamento di ammalati e decessi. E questo ci fa ben sperare. Purtroppo a noi medici di famiglia sono state rese disponibili solo poche mascherine chirurgiche, che non sono le professionali “Ffp2” come veniva raccomandato e ora ritrattato (sigh!). Noi pediatri della provincia di Alessandria le abbiamo ordinate, dovrebbero arrivare per i primi di aprile, speriamo non sia troppo tardi».

Qual è la situazione degli ospedali nella nostra provincia?
«Quello che so è che gli ospedali di Alessandria, con un lieve rallentamento del weekend, hanno avuto respiro. La situazione purtroppo è grave, in particolare all’ospedale di Tortona. Speriamo che si possa fare tutti al più presto qualcosa sia per chi resta a casa, sia per chi opera nel migliore dei modi. Ringrazio tutti i colleghi e gli operatori sanitari che in questo momento stanno donando le proprie forze, conoscenze e fatiche, nonché la rinuncia ai propri affetti, per curare chi è malato».

Negli ospedali vengono chiamati a raccolta anche medici in pensione, in una fascia di età sensibile al virus: non crede sia rischioso?
«È appena mancato un medico che aveva deciso di prestare il proprio servizio, pur essendo in pensione. In questo momento provo tanto dolore e rabbia: si mandano i medici in guerra, ma senza scudi e protezioni… Ma questo ci serve per dare senso…».

In che senso?
«Vogliamo riscoprire il desiderio di una vita sana a cui abbiamo rinunciato? Siamo abituati a vivere nell’indifferenza, non come comunità ma come singoli. E adesso che siamo da soli ci rendiamo conto che singolarmente non ce la facciamo, ci manca il contatto, la relazione che ci fa confidare negli altri e in Dio, in particolare. Gesù invita a liberarci dal peccato di essere onnipotenti, e a capire che solo affidandoci e confidando nel Suo amore e seguendolo nel suo esempio possiamo comprendere il perché avvengano queste cose. Voglio concludere con questa meditazione che ho letto per il Vangelo di qualche giorno fa: “L’uomo guarito simboleggia coloro che per la fede in Dio sono disposti a ri-nascere, a cambiare vita e rimettersi in gioco”.

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