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Non siamo più educati ad accorgerci

L’Editoriale di Andrea Antonuccio

Care lettrici, cari lettori,

vi chiedo scusa in anticipo per aver dedicato una intera pagina di Voce a me stesso: prima con questo editoriale, poi con l’intervista di Alessandro Venticinque al sottoscritto. Perdonatemi, non è vanità. Tenevo, e tengo, a raccontare a voi lettori la mia battaglia, lunga, dura e vittoriosa, contro il Covid-19.

Vi dico subito che è stata innanzitutto una storia di fede: parallelamente alla storia “clinica” che, se avrete la pazienza di leggere il pezzo qui a fianco, ha avuto un epilogo davvero sorprendente. Vi confesso che dall’intervista abbiamo dovuto togliere una domanda (con relativa risposta) semplicemente perché non ci stava. E allora ve la ripropongo qui, nell’editoriale.

Domanda: «Molte volte ci siamo confrontati su questo tema: la Parola di Dio, in ospedale, ti è bastata?».

Risposta: «No, non mi è bastata. La Parola, anche se è di Dio, senza un’esperienza concreta non può reggere di fronte a una grande sofferenza, ma forse nemmeno davanti alla quotidianità, con la routine che spesso ci inghiotte e ci “normalizza”. Non ci rendiamo conto che conoscere la Bibbia a memoria non basta, perché quando ci avviciniamo alla morte serve che il Signore si faccia concreto. Le parole, anche le più belle e le più “sante”, rischiano di diventare un surrogato della Presenza. Per carità: non sto dicendo che non dobbiamo più leggere il Vangelo o altri testi, non fraintendetemi! Ma questo non esaurisce il mio compito, non basta a reggere le prove dell’esistenza: altrimenti la fede a che serve, se non a vivere con maggior pienezza la vita? Io ho sperimentato cosa vuol dire che Dio non ci molla mai, nemmeno quando sembra abbandonarci. Il problema è che non ce ne accorgiamo, non siamo educati ad accorgercene».

Buona lettura, e un abbraccio a tutti! Sono contento di essere tornato.

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