“Fede e medicina” di Franco Rotundi
In questo clima di ripartenza (leggi anche Per ripartire servono i medici), di rinascita fisica e spirituale, occorre nuovamente una riflessione sul rapporto medico-paziente: ora più che mai le persone, malate e non, si aspettano dal medico risposte, promesse e prospettive. Abbiamo già trattato, in epoca non sospetta, di come questo rapporto importante sia cambiato nel corso degli anni.
Il medico, che una volta era visto come un taumaturgo, è stato progressivamente ridimensionato a un tecnico di variabile livello che eroga un servizio (buono o meno buono) per la salute del corpo e della mente, magari inserendo il paziente in una sorta di percorso diagnostico terapeutico molto “standard”, talvolta poco “personalizzato”. Il paziente, oggi, da un lato è sempre più informato, dall’altro sempre più fiducioso nell’infallibilità della scienza.
Quasi che la malattia e anche la sofferenza possano oggi essere sempre sconfitte dalla medicina. Solo pochi decenni or sono, se una persona era in buona salute o guariva da una malattia, o riusciva a curare una malattia che non guariva, attenuando la sofferenza, si sentiva in dovere di “ringraziare” e sentirsi magari ascoltato dal Signore e curato dai medici, visti come suoi strumenti. Oggi una persona che sta bene si ritiene meritevole e/o capace essa stessa: di prevenire, affidarsi a bravi medici, informarsi e farsi curare bene.
Ne consegue che quando le cose non vanno per il verso giusto, scatta la ricerca della colpa, dell’errore, quando si può del risarcimento. In questa dinamica responsabili siamo anche noi medici, che ci poniamo troppo spesso come solutori di tutti i problemi, magari in buona fede, fiduciosi nella scienza. Lo abbiamo visto e lo vediamo anche in questa emergenza: prima una “luna di miele” dove medici e infermieri visti dalla gente e celebrati dai media come eroi, come angeli, poi, il risentimento dei familiari dei morti o malati, alla caccia delle responsabilità dei politici, dei medici, possibilmente a caccia di giustizia e di risarcimento.
Molto lavoro per la legge: la realtà romanzesca, che viene dall’America, degli avvocati “che rincorrono le ambulanze” è presente anche qui. Addirittura vediamo i medici che chiedono risarcimento alle istituzioni per le morti da coronavirus, nell’esercizio delle funzioni, cosa mai vista. La risposta di questa grave situazione può essere, ancora una volta, nella Fede. La consapevolezza dei limiti, l’accettazione che noi medici e pazienti siamo nelle mani del Creatore, l’errore più grande ed antico: io come Dio.