Intervista a don Egidio Deiana
«Il carisma di don Bosco è stato quello di rendere accessibile questa crescita a ogni persona, oltre cultura, razza, tradizione, condizione sociale». A raccontarcelo è don Egidio Deiana, dal 2018 parroco di San Giuseppe Artigiano al “Cristo”.
Don Egidio, chi è don Bosco per lei?
«È uno di quegli uomini prodigiosi che la Provvidenza divina suscita in epoche storiche di particolare disagio sia in ambito sociale, politico, economico e religioso dell’umanità. Autentico uomo di Dio e della sua Provvidenza, don Bosco è strumento di una meravigliosa storia sacra che opera con la carità del pastore buono per la crescita di ogni persona, fin dalla più tenera età. Crescita ispirata e guidata dalla buona notizia che ha rivelato Gesù, un carisma che ha avuto uno sviluppo formidabile in tutto il mondo. Oggi sono oltre 130 le nazioni dove don Bosco opera con presenze di educazione e carità evangelica, raggiungendo oltre 25 milioni di persone, soprattutto giovani. Ho coordinato per 15 anni l’attività pastorale a Colle Don Bosco, a contatto con migliaia di gruppi provenienti da tutto il mondo e ho toccato con mano il fascino e il conforto che il Buon Dio sa dare attraverso la vita cristiana di Don Bosco, della mamma, di San Domenico Savio. Una considerazione…».
Prego.
«Protagonisti straordinari di questo sviluppo del carisma salesiano sono centinaia di Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice del nostro Monferrato. Grandi pionieri missionari sono di queste terre alessandrine, due successori di don Bosco sono di queste zone, il Beato Filippo Rinaldi di Lu e don Pietro Ricaldone di Mirabello. E non mancano le meravigliose testimonianze di santità: Santa Maria Mazzarello, il Beato Luigi Variara, lo stesso Beato Rinaldi, il miracolato Beato Novarese e altri che sono in cammino».
Come vede il 2021?
«Con grande fiducia, speranza e sano realismo. In sintonia con tutto il mondo salesiano. Questo il nostro tema pastorale: “Nel cuore del mondo: buoni cristiani e onesti cittadini”. Ascoltando e imitando Gesù, Agnello vincente sulle peripezie che il male purtroppo inventa imbrogliandoci e confondendo la nostra storia. Il 2021 è dedicato a San Giuseppe: la nostra parrocchia e intitolata a lui, don Bosco ne era devotissimo. Ci ispiriamo alla paternità educativa di entrambi: aiutare a crescere in età, sapienza e grazia. Cogliendo tutte le opportunità formative: catechesi, formazione professionale, servizio caritativo, “Sal” sportello al lavoro, e centro ascolto. E poi ancora con i laboratori “mamma Margherita” e “Don Bosco”, servizio doposcuola, e contatto con i gruppi sportivi e ricreativi che sono in attesa di poter decollare nuovamente. Sorgente di ogni attività significativa del nostro Centro è la Santa Messa festiva comunitaria, che si cerca di curare con il canto e la dignità di ascolto e partecipazione. Almeno ci si prova. Per il resto ci si fida e affida alla Grazia del Buon Dio. Con la fermezza e amabilità educativa che suggeriscono San Giuseppe e don Bosco. In vista delle prossime attività estive ci si sta muovendo anche in questo senso».
Don Bosco, durante l’emergenza colera, mandò i suoi ragazzi dell’oratorio a curare i malati. Sarebbe fattibile oggi?
«Rispose a un appello che gli rivolsero le istituzioni civili torinesi, impreparati di fronte al colera e soprattutto poveri di risorse di personale. Lui era uomo di Dio nella Chiesa e nella società civile, con una fiducia enorme nella grazia sacramentale e l’aiuto materno della Madre di Dio. Don Bosco chiese questa garanzia sacramentale ai ragazzi, lasciandoli liberi di corrispondere nel servizio caritativo. Oggi sono cambiate tante cose. Le istituzioni, pur tra mille difficoltà e imprevisti, sono decisamente più organizzate. Certi interventi li puoi fare se sei preparato».
Ovvero?
«Dal mondo salesiano ci arrivano notizie che raccontano esperienze simili a quelle di Valdocco. Le istituzioni civili non hanno le forze, ci pensano i giovani dei centri salesiani: si prendono cura di bambini e famiglie in villaggi e periferie cittadine in Brasile, in India, in altre zone di America Latina e Asia e Africa. Oggi puoi proporre iniziative preventive: sia sul versante spirituale e formativo e sia sollecitando al servizio caritativo, accanto alla San Vincenzo, la Caritas e le altre opportunità. Per questo, dal mese di giugno in poi, il servizio quindicinale di borse viveri ai bisognosi è andato avanti anche grazie al coinvolgimento di alcuni giovani. Invitati e preparati si sono resi disponibili. E ancora una volta si è avuto conferma che “c’è più gioia nel dare che nel ricevere”. Come insegna il Vangelo. Con la discrezione umile e concreta del nostro San Giuseppe».
Leggi anche le nostre interviste:
-
Don Egidio Deiana: «I giovani non sono il problema»
-
Don Corrado Ribero: «Proprio come don Bosco, consacriamo la vita ai ragazzi»
-
Suor Monica Odone: «Don Bosco, un modello e un padre da imitare»
-
Vescovo Guido: «La predilezione di don Bosco per i giovani non può venire meno»