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«Non dobbiamo avere paura della fatica»

Verso le Unità pastorali

Domenica 20 febbraio le parrocchie di Spinetta, Bettale, Litta Parodi, Cascinagrossa, Mandrogne, Levata, Quattrocascine, San Giuliano Vecchio, San Giuliano Nuovo, Bosco Marengo e Frugarolo, si sono ritrovate con il Vescovo, per il primo incontro che le porterà a costituirsi nell’Unità pastorale Fraschetta-Marengo. Una sessantina di persone, impegnate in vari modi nelle rispettive parrocchie, hanno risposto all’appello e si sono messe in gioco in maniera sinodale per camminare insieme. Com’è andata? Lo chiediamo a padre Giorgio Noè (in foto qui sotto), della parrocchia di Spinetta.

Padre Giorgio, ci racconti com’è andata?

«A essere sincero, per descrivere la situazione potrei citare un canto che andava di moda nelle nostre chiese qualche anno fa: “Abramo non partire, non andare, non lasciare la tua terra, cosa speri di trovar? La strada è sempre quella, ma la gente è differente, ti è nemica, dove speri di arrivar?” (sorride)».

Spiegaci meglio, dai…

«Le parole di questo canto descrivono l’atmosfera iniziale dell’assemblea: molti si sono presentati sollevando timori, dubbi e diverse resistenze. E sono emerse diverse domande».

Quali?

«Ci si chiede se è davvero necessaria l’Unità pastorale per collaborare tra le parrocchie, e se la relazione del parroco con tutte le parrocchie di cui dovrà curarsi non potrà più essere profonda, ma sarà per forza superficiale. Il timore è che i preti si riducano a essere “funzionari del sacro”, perdendo la dimensione pastorale. Qualcuno ha detto: “Io non voglio un prete… voglio un parroco!”. Le obiezioni sono di due tipi: c’è chi individua i problemi e le difficoltà per farne un ostacolo a questo cammino sinodale; e c’è chi invece coglie il problema come uno stimolo a trovare percorsi di conversione e di crescita. Un atteggiamento difensivo, e uno costruttivo».

Le risposte a queste obiezioni?

«Il nostro Vescovo ha risposto alle domande sottolineando i quattro punti che ci portano a intraprendere la strada delle Unità pastorali. Il primo è la mancanza dei preti; il secondo, la mancanza di laici impegnati attivamente in parrocchia; terzo punto, l’invecchiamento del parroco, e con lui di tutta la comunità. E, da ultimo, il punto dei carismi. Il Signore ha dato dei carismi alla Chiesa, e continua a darne mediante lo Spirito Santo. Ecco, questi carismi vanno condivisi e servono per l’edificazione di tutti».

Ma la gente si è convinta?

«Credo che in questo momento non si possa parlare di convinzione e basta. Piuttosto è necessario raccogliere il suggerimento del Vescovo, che ci invita come Unità pastorale a incontrarci, pregare insieme, condividere e cercare di applicare quanto intravisto».

E tu come sei uscito da questo incontro?

«Da un lato sono uscito un po’ amareggiato, chiedendomi il perché di questa resistenza. Che, secondo me, ha un’origine: quella di valutare le cose soltanto da una prospettiva umana. Ma c’è anche la prospettiva di fede, che dovrebbe prevalere. In questo senso, passo dal canto di prima (sorride) a un’immagine biblica, quella del popolo di Israele chiamato a uscire dalla schiavitù e a camminare verso la terra promessa. Quante resistenze, quanti dubbi… ma il popolo è chiamato attraverso Mosè a seguire il progetto di Dio. E oggi quel popolo siamo noi».

Il tuo auspicio?

«Credo che se avremo il coraggio di guardare avanti con uno sguardo di fede, fidandoci del cammino che il Signore traccia per noi, arriveremo un giorno, certo con un po’ di fatica, a ottimi risultati. Voglio solo dire di non aver paura della fatica, perché essa è parte integrante del cammino e uno strumento di purificazione, di crescita e di maturazione».

Andrea Antonuccio

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