Sabato 24 giugno Giovanni Bagnus è stato ordinato diacono nella Cattedrale di Alessandria, nella solennità della Natività di san Giovanni Battista. Oggi, mentre parliamo con lui, è a Betania con i ragazzi del centro estivo della parrocchia Madonna del Suffragio.
Giovanni, ci si sente diversi, da diaconi?
Fisicamente no (sorride), ma dentro qualcosa senti che è cambiato. E’ una cosa difficile da spiegare, ma è così. E’ come essere in compagnia di qualcuno molto più presente. Qualcuno, con la “Q” maiuscola!
Ci racconti un po’ la tua storia?
Sono nato ad Alessandria l’11 ottobre 1984 e ho sempre vissuto a Castellazzo Bormida. Elementari e medie all’Angelo custode, liceo scientifico ad Alessandria e Giurisprudenza ad Alessandria, dopo un anno di farmacia a Genova (che non faceva per me). Nel frattempo, a 23 anni ho iniziato a lavorare, facendo l’assistente parlamentare dell’onorevole Manuela Repetti, a Novi.
Facevi già politica?
Pensa che ho iniziato a 18 anni, facendomi eleggere consigliere comunale a Castellazzo. Poi con Manuela Repetti, da assistente, tenevo Novi come sede fissa e ogni tanto andavo a Roma. Così per otto mesi. Questa attività però mi bloccava gli studi, e così ho cambiato totalmente ambito e sono andato a insegnare Diritto al Ciofs, al Gagliaudo di Alessandria. Lì sono rimasto per tre anni. Ma anche in quel periodo non riuscivo a procedere con l’università, e allora ho lasciato il lavoro e ho ripreso gli studi a Pavia, dove a 26 anni mi sono laureato in Giurisprudenza. In tutto questo tempo si stava affacciando il germe della mia vocazione, che era nata già a 16 anni. E così, a 28 anni sono entrato in seminario, dopo aver fatto discernimento con l’allora padre spirituale don Carlo Grattarola.
Come si è manifestata la tua chiamata?
A 16 anni ero alla Giornata mondiale della Gioventù di Roma, quella del 2000, e per la prima volta provai qualcosa di molto forte, che mi diceva di “buttarmi” nelle mani del Signore. Ma a 16 anni una cosa del genere spaventa, per cui avevo accantonato tutto. Ma da quel momento ogni anno la chiamata veniva fuori, sempre più forte. Era come se ogni tanto qualcuno, con discrezione, bussasse alla mia porta, ogni volta un po’ più forte.
Dunque quella “vocina” ti seguiva sempre…
Guarda, al Signore ho detto no per 12 anni, ma alla fine ha vinto Lui. E allora ho iniziato un cammino di discernimento serio.
Oggi che cosa diresti a un giovane che sente la vocazione?
Gli consiglierei di trovarsi subito una persona, preferibilmente un sacerdote, e parlarne con lui, per confrontarsi e capire se è un momento passeggero o se è il Signore che bussa. Questo è il modo migliore, anche per conoscersi meglio. E poi gli direi di pregare, assolutamente.
Come aveva reagito la tua famiglia alla “notizia”?
Non l’avevano presa bene. Pensavano ad altre strade, tutte buone, per me. Anche se mia madre un po’ se lo immaginava: “Lo sapevo che prima o poi me l’avresti detto”. Ai miei genitori l’ho annunciato ufficialmente il 1° maggio del 2012, alle ore 20, a casa mia. Non trovavo mai il coraggio di aprire il discorso, e allora mi ero dato quel giorno come scadenza.
E adesso?
Negli anni i miei hanno visto che io ero e sono sereno, e quindi lo sono anche loro.
Che augurio ti fai?
Vorrei essere un uomo di Dio, che forse è la cosa più difficile. A parole sembra facile, ma nei fatti è veramente dura. Voglio fare la Sua volontà, per essere felice e utile al Regno di Dio.
Come si riconoscono i segni della volontà del Signore?
Nella preghiera, nella supplica a Dio. Ma anche nella parola che ti viene detta, o nell’incontro con qualcuno… nulla è casuale!
Qual è la rinuncia per te più pesante?
Svuotare se stessi. Io sono pieno di me stesso, e non lascio spazio ad altro. Vorrei svuotarmi, per farmi riempire di Lui.
E l’obbedienza?
Faccio fatica a obbedire solo quando non comprendo quello che mi viene chiesto. Ma obbedisco.
Come dovrebbe porsi la Chiesa con i giovani?
Dovrebbe provare ad ascoltare un po’ di più. Nelle nostre iniziative spesso non riusciamo ad avvicinarci ai ragazzi più lontani da noi, che hanno certamente voglia di cercare un senso. Mettiamoci di fianco a loro, dunque, e ascoltiamo. Mi piacerebbe dire ai giovani di buttarsi nella Chiesa. Non è qualcosa di vecchio, di obsoleto. La Chiesa conduce a Cristo, alla salvezza e alla realizzazione di sé.
C’è un Santo a cui sei particolarmente devoto?
San Giovanni della Croce. Anch’io, come lui, ho vissuto momenti di assenza di luce, e questo me lo fa sentire particolarmente vicino.
Andrea Antonuccio