Una delle peculiarità del pontificato di Francesco è sicuramente il cambiamento nei criteri di nomina dei cardinali, non più scelti quasi automaticamente tra le sedi metropolitane più grandi e antiche ma selezionati accuratamente in funzione della loro provenienza. Se una preferenza c’è, è per le diocesi più piccole e sperdute. Così accade, ad esempio, che sia cardinale il vescovo di Tonga, che ha quattordicimila cattolici, e non quello di Los Angeles, che ne ha oltre quattro milioni. Philippe Ouédraogo dal Burkina Faso lo spiega così: «nel creare i nuovi cardinali dai Paesi più poveri e insignificanti, non fa altro che compiere atti di cattolicità che esprimono la realtà della Chiesa di Cristo: una, santa, cattolica e apostolica». Il giornalista Fabio Marchese Ragona ha voluto raccontare le storie dei porporati creati dall’attuale Pontefice con una serie di interviste, raccolte nel volume Tutti gli uomini di Francesco (San Paolo, pp 381, euro 18) e divise per continenti. Una caratteristica comune a tutti eccetto Beniamino Stella, Prefetto della Congregazione per il clero, avvisato dal Papa stesso il giorno precedente in un’udienza privata, e Pierre Nguyên văn Nhon, chiamato in Vietnam dal Rappresentante Pontificio – è l’aver appreso la notizia del nuovo incarico in modo fortuito: chi avvertito dalla gente mentre celebrava l’eucaristia, chi informato da amici via sms, chi svegliato nel mezzo della notte. In precedenza, arrivava qualche giorno prima una comunicazione ufficiale all’interessato da parte della Segreteria di Stato o dalla Nunziatura Apostolica del posto. La spiegazione, riferita dal cardinale José Luis Lacunza Maestrojuán, è fornita dallo stesso Santo Padre: «se uno si consulta, la gente comincia a parlare e subito dopo iniziano i commenti e le invidie: perché lui e non me? O qualcun altro? Per evitare tutto questo ho deciso di dire tutto in un colpo solo». I temi affrontati nei colloqui con il vaticanista di Mediaset spaziano a seconda dei campi d’azione prevalente dei presuli. Così il cardinale Stella apre «all’ordinazione di “anziani” che, continuando a conservare la famiglia e il lavoro e ricevendo una formazione contestualizzata all’ambiente, potrebbero offrire un servizio a tempo parziale nella stessa comunità da cui provengono». Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, si sofferma sul ruolo del vescovo, che «deve saper ascoltare il proprio popolo. Se un padre non sa ascoltare i propri figli, non li sa guidare, aiutare e correggere. In pratica, è incapace di amare. E questo è la negazione del ministero episcopale». Gérald Cyprien Lacroix dal Québec nota che i nuovi media «non rimpiazzano i contatti personali, ma ci permettono di raggiungere con il messaggio del Vangelo e la testimonianza della nostra fede persone che non avremmo mai avuto la possibilità di avvicinare», anche se c’è un rischio di dipendenza patologica. Leopoldo José Brenes Solórzano dal Nicaragua, che dice di non potersi «immaginare senza i jeans e i capelli lunghi», è convinto che il Papa oggi non «stia facendo altro che internazionalizzare il Documento di Aparecida», la carta programmatica della Chiesa latino-americana di inizio secolo. Orlando Beltran Quevedo nelle Filippine indica come «una delle principali dimensioni della nostra visione di Chiesa rinnovata la “Chiesa partecipante”», in cui i laici sono protagonisti e corresponsabili. Insomma, le interviste raccolte in questo libro fanno davvero respirare la cattolicità della Chiesa.
Fabrizio Casazza