Forse lo ricorderemo con un torneo a tre: Torino, Atalanta e Fiorentina, la prossima estate. Le tre squadre più importanti della sua carriera, dove l’allenatore ha fatto la differenza. E che differenza. Ma la cosa certa è che lui se ne è andato il 29 di marzo. Con garbo ci ha lasciato il ricordo indelebile e indissolubile di una persona unica: un giocatore, originale, un allenatore, geniale ed un uomo, speciale. Ha dato forza a tutti, trasmettendo entusiasmo, voglia di vivere e di combattere, sempre. Sul campo, trascinando il Torino del ‘92 alla finale di Coppa Uefa e l’anno seguente alla vittoria della Coppa Italia, e nella vita quando, finita la carriera di allenatore, aiutava gli alcolizzati e i tossicodipendenti a vincere, tramite lo sport, quelle ben più difficili battaglie personali che nessuna televisione e nessun giornale premiano o esaltano. Sarebbe banale dire che è stato una persona d’altri tempi per giustificare la sua unicità. Non basta. Sicuramente il calcio di quarant’anni fa era meno roba da divi di come lo è adesso: più sport e meno televisione, gossip, e bella vita. Ma non tutti erano come lui. Spirito ribelle: da calciatore, quando nel 1967 si fece squalificare di proposito per poter poi andare a un concerto dei Rolling Stones al posto di giocare; da allenatore, quando si ribellò a una decisione arbitrale «minacciando» l’arbitro con una sedia. Comunque sempre corretto, cordiale, mai protagonista ma personaggio principale al quale generazioni di persone si sono riferite. Soprattutto quando per lui la vita si è fatta più difficile, con la malattia comparsa nel 2011. Da lì il suo impegno verso chi voleva buttar via la propria, di esistenza. Da qui il Mondonico che insegnava agli altri a godere delle gioie semplici che il vivere dà, quasi a far capire che la sua malattia, come tanti altri problemi, fanno parte della vita dei più. E dove i riflettori si spengono, appaiono le persone, forse le più importanti, che tutti noi vorremmo vedere, frequentare, seguire. Adesso sarebbe bello pensare che anche Emiliano Mondonico, honoris causa, facesse parte del Grande Torino, e che adesso si sia tornato ad allenarsi con i campioni che, come lui, «solo il fato li vinse».
Andrea Allegra