La liturgia di questi giorni ci ha proposto Gesù nella sinagoga di Cafarnao (Mc 1,21-28). Con la sola forza della Parola scaccia uno spirito impuro da un uomo posseduto. Gli dice infatti: «Taci! Esci da lui!». I presenti sono stupiti dall’insegnamento del Maestro. Un’autorevolezza che non è frutto di un sapere appreso sui libri «egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi». Gesù parla di cose che vive mentre gli scribi di cose che sanno. Per contro, guardando a quanto avviene nel nostro Paese, non possiamo non notare, invece, la scarsa autorevolezza delle parole pronunciate da chi ricopre alte funzioni di responsabilità. Commentando gli attuali dati macroeconomici, il ministro Tria ha affermato: «Non vedo una recessione, vedo una situazione di stagnazione». Quasi subito gli ha fatto eco un altro ministro, Di Maio, che ha detto: “Credo che un nuovo boom economico possa nascere”. Avvertiamo oggi, come non mai, che le parole sono usate come “arma di distrazione” di massa. Molti cristiani, tendono a rinchiudersi in un limbo spiritualistico, sono disorientati e talvolta portati a credere a parole che confondono. Ma se confidiamo nell’unica Parola che salva, perché chi la pronuncia ci conosce in profondità, dobbiamo anche vigilare e ritornare a creare occasioni per pensare. “La povertà dei poveri non si misura a pane, a casa, a caldo, ma sul grado di cultura e sulla funzione sociale” (don Milani). Anche questa povertà ci interpella come Chiesa.
Roberto Massaro