Sawan, Zafar, Shamshad, Amoon, Nabil, Shafqat, Qaiser, Shagufta, e altri ancora: in Pakistan la vicenda di Asia Bibi non è un caso isolato. Secondo la Commissione nazionale giustizia e pace (Ncjp) della Conferenza episcopale pakistana, sono attualmente 187 i casi di cristiani accusati di aver profanato il Corano o diffamato Maometto. Una situazione allarmante, che non riguarda solo i cristiani. Dal 1987 alla fine del 2017, le persone accusate di blasfemia sono 1.534. Di queste 774 sono musulmane, 501 ahmadi (minoranza islamica), 219 cristiane, 29 indù e 11 di altre fedi. La legge sulla blasfemia è un’eredità dell’ordinamento dell’Impero britannico del 1947, anno di nascita dello Stato pakistano. Inizialmente la norma (art. 295 del Codice penale) prevedeva il carcere o una sanzione amministrativa per chi «dolosamente e deliberatamente oltraggi, con parole, scritti o altre rappresentazioni, qualsiasi religione». Risale al 1986 l’aggiunta di due commi, il 295 B che prevede l’ergastolo «per chi offende il Corano o ne danneggi una copia in tutto o in parte o lo utilizzi per scopi illeciti» e il 295 C che commina «la pena capitale o carcere a vita e/o multa per chiunque offenda il nome o la persona del Profeta Muhammad con parole, scritti o altre rappresentazioni». Dal 1990 per il comma 295 C viene applicata solo la pena di morte. Esemplare è la vicenda di Asia Bibi, la donna cristiana di Ittanwali, nel Punjab, denunciata per blasfemia da due sue colleghe di lavoro e da un imam, Qari Mohammad Salim. Un calvario cominciato nel 2009 e terminato con la piena assoluzione lo scorso 31 ottobre. Ma per una Asia Bibi assolta ci sono ancora 187 cristiani che attendono di essere giudicati. «La legge sulla blasfemia – spiega il direttore della Ncjp – distrugge le vite degli accusati, anche se non vengono giustiziati. È una norma che viene usata dai radicalisti islamici per definire questioni personali o perseguire vendette. Quando dei cristiani sono accusati di presunta blasfemia, tutti i cristiani della zona vengono incriminati».
Daniele Rocchi – Agensir