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Il Vangelo e la biro – L’altro ci interpella

Nel Vangelo di Marco (5,120) Gesù affronta il maligno in terra straniera, nella regione della Decapoli. Gli domanda: «Qual è il tuo nome?». «Il mio nome è Legione – gli rispose – perché siamo in molti». Gesù libera l’uomo posseduto dagli spiriti impuri e concede a quest’ultimi di entrare in una mandria di porci che si gettano nel mare e affogano. La notizia di tale evento si diffonde nella regione e gli abitanti anziché lodare il Maestro per aver restituito alla vita un uomo «vestito e sano di mente» (5,15), lo invitano ad andarsene. La presenza di Gesù, straniero in quella terra, è pericolosa, scomoda, crea sconquasso e anche danno economico: duemila porci perduti! Tutto questo ha più valore di una vita ritrovata, restituita. In questi giorni, a Melegnano, sui muri di una casa sono stati scritti degli insulti: “Pagate per questi negri di m…”, e poi una freccia, a indicare l’abitazione di una famiglia italiana che ha adottato un ragazzo senegalese. La diversità ci spiazza, ci spaventa, perché ci costringe a quella faticosa operazione di modifica dei nostri pregiudizi. Percepita come pericolo da cui difendersi, può sfociare nel risentimento. Per fortuna ci sono ancora donne e uomini, credenti e non, che si impegnano nel quotidiano a costruire reti di buone relazioni. “L’amore è l’unica strada, è l’unico motore. È la scintilla divina che custodisci nel cuore” (Abbi cura di me – Simone Cristicchi).

Roberto Massaro

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