Che cosa hanno in comune un bandolero argentino un po’ stanco (citazione vecchioniana), un ex promettente attaccante italiano e un allenatore serbo giramondo che spesso sembra voler spaccare il medesimo e molte volte, poi, se ne va via da incompiuto? Il riferimento – neppure troppo velato – è a Rodrigo Palacio, Mattia Destro e Siniša Mihajlović che sono solo tre dei nomi (ma se ne potrebbero fare ben altri) che hanno contribuito all’incredibile ruolino di marcia del Bologna spronato verso un’inaspettata salvezza con passo degno della Champions League e non dello scudetto, perlomeno da quando il tecnico dell’ex Jugoslavia ha preso il posto che in panchina era di Filippo Inzaghi.
Già, proprio quest’ultimo, ex centravanti discusso ma incredibilmente efficace e tecnico di belle promesse, aveva dovuto alzare bandiera bianca di fronte all’evidenza dei pessimi risultati del suo Bologna (pur essendo, piacentino, impegnato alla guida di una squadra della sua amata regione). Ed ecco che laddove l’ex bomber aveva fallito, il buon Siniša, reduce da una non propriamente esaltante esperienza sulla panchina del Torino, è andato a lanciare oltre ogni immaginazione questo Bologna che ha saputo farsi rispettare da tutti e su tutti i campi. Quale la morale di una simile favola, almeno per quanto riguarda questo campionato a lieto fine?
Che, accanto all’orgoglio di cui solamente chi respira l’aria frizzante dell’Emilia Romagna è capace in certe situazioni, una volta in più si rivela la magia del calcio che – per definizione e per eccellenza sport di squadra – ha la capacità di rigenerare uomini e situazioni che sembravano oramai sul viale del tramonto in un’incredibile alchimia di intese, motivazioni e armonie trasformando una serie di solisti, resi stonati dall’età e dal tempo, in un’orchestra capace di esprimere il suono più dolce.
D’altro canto, un esempio di questa mirabile rigenerazione pedatoria si è avuta con la stagione spumeggiante del quasi trentasettenne Quagliarella che, da molti considerato oramai quasi finito, si è tolto la soddisfazione di lasciarsi dietro campioni del calibro di Cristiano Ronaldo e di Piątek veleggiando quasi a quota trenta in classifica marcatori (un po’ com’era stato anche per Luca Toni, quasi quarantenne, all’ultima stagione a Verona) e la magia di chi, proprio quando sembra finito, piazza in realtà la zampata vincente ma, a una sola condizione, descritta oltre venti anni fa da un altro bomber dato per finito che aveva invece disputato una stagione esaltante, Sandro Tovalieri: non bisogna mai arrendersi e, finché non suona la campana (citazione quest’ultima morandiana, in perfetto clima bolognese), andare avanti!
Silvio Bolloli