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La Parola di Dio tra emoticon e parole

IL #GRANELLODISENAPE DI ENZO GOVERNALE

eri sono stato alla festa di compleanno di un’amica di mia figlia Matilde. Sono occasioni splendide per approfondire amicizie con i genitori dei bambini che cresceranno insieme, tra scuola, gioco e parrocchia. Tra i temi per “attaccare bottone” tra papà, dopo il calcio, c’è il lavoro. Così racconto quello che faccio e subito vedo cambi di espressione. Inizia una disquisizione al limite del teologico, che si chiude con la frase: «…e poi devi dire ai sacerdoti che non possono parlare della Scrittura e basta, altrimenti la gente non capisce. Devono dirci dove trovare la Scrittura nella nostra vita, nelle nostre città, nel nostro lavoro, nella nostra famiglia». Il tono non era arrabbiato: forse deluso, certamente costruttivo. Che senso può avere la comunicazione sociale se non essere strumento di mediazione tra la Parola di Dio e la vita delle persone? Ma come?

Ogni anno la Crusca inserisce alcuni neologismi nel vocabolario italiano. Analogamente, l’Unicode Consortium inserisce nuove “emoji”, le faccine nelle nostre tastiere. Per il 2019 ne sono state selezionate 59, che puntano molto sull’inclusione. Apple ha proposto di inserire alcune “emoji” che promuovano la disabilità: tra quelle approvate troviamo sedie a rotelle, cani guida, protesi per gli arti e per l’udito. Tra le persone nessun sacerdote, tra gli oggetti nessun turibolo. Solo una chiesa con una croce. Questo vuol dire che non è tardi e che siamo ancora in tempo per cercare di imparare i nuovi linguaggi; senza dimenticare il nostro, la Parola di Dio, ma cercando nuove parole per aiutare le persone a cercarla, la Parola, nella loro vita.

Enzo Governale
@cipEnzo

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