IL #GRANELLODISENAPE DI ENZO GOVERNALE
In queste settimane ho molto pensato alla sincerità, a cosa voglia dire e a quale sia il valore che ciascuno di noi le attribuisce. Etimologicamente, deriva da sincerus che gli antichi hanno sempre visto come la composizione di sine, che significa “senza”, e “cera”, la sostanza prodotta dalle api. Questa lettura ci permette di dare un significato più “esperienziale” alla sincerità, perché la associa al miele purificato (senza la cera dell’alveare). È interessante che l’elemento che rende impuro il miele sia anche l’elemento senza il quale non è possibile produrlo, perché non darebbe alle api una “forma”, un luogo, nel quale poter produrre il miele e quindi dare senso alla propria vita. Sembra quasi che non possa esistere purezza senza impurità, ed effettivamente la nostra continua ricerca della felicità, il nostro quotidiano camminare, è un costante allenarsi a riconoscere le impurità della nostra vita: osservarle quanto basta per riconoscerle e capire come mai sono impurità, eliminarle e cercare di non riappiccicarcele addosso.
Durante queste operazioni di pulizia dobbiamo stare molto attenti perché la cera è una sostanza semplice da eliminare (basta il caldo) ma anche molto malleabile; e rischiamo che le nostre impurità si accumulino nel tempo fino a formare uno schermo, una barriera che ci nasconde agli altri o ci mostra come non siamo. Per fortuna, abbiamo tanti strumenti per questo cammino di discernimento: la confessione, i sacerdoti, gli amici, la famiglia. Non spaventiamoci dunque se la vita ci mette davanti alle impurità, sono l’occasione per scoprire la verità di noi stessi.