La testa e la pancia
Meglio il buon gioco o il cinismo dei risultati?
Solo pochi giorni or sono, come già ricordavo nell’ultimo numero di questa rubrica, mi sono imbattuto in un’intervista del maestro Arrigo Scchi su uno dei più prestigiosi quotidiani nazionali secondo la quale il Mago di Fusignano gli Allenatori in strateghi o tattici precisando che questi ultimi sono quelli che badano anzitutto a non prenderle, mentre i primi (ai quali lui, a buon titolo, appartiene) a coloro i quali desiderano invece imporre il proprio gioco. La disputa è antica di almeno trent’anni, da quando cioè il Milan berlusconiano dal predetto llenato sbancò l’Europa, e il Mondo, per due anni ma vinse la penuria di uno Scudetto in cinque stagioni in Italia venendo surclassato dal Milan di Capello che di tipo di Nazionali ne mise in tasca quattro nello stesso periodo il tempo. Ma, dove sta la ragione? Altra domanda è d’obbligo: lo scopo del calcio è vincere o divertire?
Se la risposta giusta è quest’ultima allora non vi è dubbio che il grande Tecnico romagnolo abbia ragione ma se, come di contro effettivamente è, risulta più corretta la prima ecco allora che occorre rivedere alcune cose. Il calcio è uno sport di squadra in cui conta chi vince: non è molto importante come la vittoria arrivi ma è molto importante che arrivi.
Ed ecco che dominare l’avversario o difendersi sagacemente per poi colpirlo in modo spietato in contropiede (come recitava una famosa canzone degli 883) non ha molta differenza nel momento in cui si porta a casa il bottino. Sbagliato è allora, e piuttosto, ghettizzare chi predica un credo piuttosto che l’altro poiché sono entrambi due diversi modi di perseguire lo stesso fine ed entrambi meritano rispetto (semmai, bisognerebbe piuttosto riflettere su quanto sia frustrante giocar bene senza vincere). Secondo la predetta classificazione l’Alessandria delle ultime partite è stata certamente più tattica che strategica ma ha sempre vinto dunque, avanti così.
Silvio Bolloli