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Una scelta di servizio, insieme

Irene, un’animatrice

Una sfida che ti porta a conoscerti meglio

Irene Ferrari, 17 anni, della parrocchia di Frascaro. Quest’anno per la prima volta ha partecipato come animatrice al campo Acr accompagnando i bambini della sua parrocchia.

Irene, cosa ha significato per te fare l’animatrice al campo Acr?
«Diversamente da ciò che si può pensare, fare l’animatore non significa solamente divertirsi. È qualcosa di molto più profondo e intimo. A livello personale è una vera e propria sfida che ti porta a conoscerti meglio, dover uscire dalla tua comfort zone e adattarti al meglio a qualsiasi situazione tu possa incontrare. Ciò che mi ha spinto a vivere questa esperienza è l’ammirazione che provavo da piccolina nei riguardi dei miei animatori, tanto da voler diventare come loro. Essere animatore è presentarsi sempre al meglio ai bambini e diventare loro amico e confidente. Essere animatore è essere responsabili delle proprie azioni in quanto quella dell’animatore è un’attività che ti porta ad essere perennemente sotto gli occhi attenti dei bambini, come un attore sul palco che deve sempre essere accorto nel fare il suo lavoro al meglio».

Quest’anno è la prima volta che hai partecipato? Cosa ti ha colpito di più?
«Fin da piccola i miei amici mi hanno sempre parlato molto bene del campo Acr a Torgnon ma non avevo mai partecipato, e non avrei mai pensato di farlo per la prima volta da animatrice. Le aspettative che mi ero creata sono state assolutamente rispettate e anzi, superate! Ciò che mi ha colpito di più sono stati i rapporti creati con gli animati. Ognuno di loro possiede qualche caratteristica che lo rende unico e indimenticabile, non c’è un bambino che non mi sia rimasto impresso. Altra cosa: trovo incredibile quanto i bambini, in una sola settimana, riescano a formare un unico grande gruppo in cui ognuno di loro ha possibilità di brillare e di essere riconoscibile grazie ad una qualità che lo contraddistingue. A questo proposito ricordo una frase detta da un bambino che inizialmente mi aveva fatto sorridere ma che, pensandoci bene, è la verità e rappresenta esattamente quello che intendo quando parlo di “grande gruppo”. Aveva definito Torgnon come una “famiglia allargata” e pensandoci ora credo abbia proprio centrato l’essenza del campo».

Quanto ti è servita questa esperienza per le attività che svogli in parrocchia?
«L’esperienza al campo mi è servita soprattutto per l’organizzazione di giochi e attività. Circa un mese dopo è iniziato l’oratorio estivo della mia parrocchia e, avendo già un’idea di come si organizzassero le giornate, la preparazione delle attività è stata molto facile. Un’altra cosa che ho imparato? È importante che ogni gioco non sia fine a se stesso ma trasmetta ai bambini un insegnamento o un valore attraverso qualcosa di divertente».

Consigli quest’esperienza a un ragazzo della tua età?
«Assolutamente sì, perchè si tratta di un’esperienza molto personale, che non viene vissuta solamente a contatto con gli altri ma anche confrontandosi con se stessi. Un aspirante animatore a Torgnon può trovare un ottimo ambiente armonioso caratterizzato da rapporti fantastici, che non si formano solamente con i bambini ma anche con gli altri animatori. Quest’anno ho avuto modo di conoscere meglio chi già conoscevo e di fare amicizia con nuove persone, e questo ha portato alla formazione di un bellissimo gruppo molto unito».

Il prossimo anno lo rifarai?
«Sì, non vedo l’ora di tornare a Torgnon e anzi, sarei ripartita subito. E proprio come i bambini ho già iniziato il countdown!».

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