La sensibilità al sacro dei bambini può aiutarci a comprendere meglio la nostra vita di fede
L’8 dicembre, come accade in molte case, io e Matilde abbiamo fatto l’albero di Natale e il presepe. è sempre un bel momento. Recuperare e aprire il pacco degli addobbi con un sottofondo musicale natalizio è il ricordo di molti, un momento felice perché da quel momento parte un conto alla rovescia che ci porta in qualche settimana al Natale. Inizia un periodo particolarissimo soprattutto da bambini, l’attesa di quel giorno è anche una verifica della propria vita (sei stato buono?), il periodo in cui i genitori stanno un po’ di più a casa dal lavoro e si festeggia insieme alla famiglia, il giorno in cui si aprono i regali di Natale. Per chi ha conservato il vero motivo per cui si festeggia il Natale, si attende la nascita di un Dio che si è fatto carne, certo che questo bambino che viene alla luce, illuminerà il mondo. Ma il Natale, in questo periodo storico ha qualche difficoltà a mostrarsi per il suo significato originale: le decorazioni natalizie (dal 1 novembre) nei centri commerciali, le offerte speciali, la corsa al regalo, hanno cambiato completamente questa festa che è diventata fonte di ansia più che il culmine di un’attesa liberante. Eppure basta un solo pranzo fatto con calma, una pennichella per riposare un po’ e qualche gioco in scatola per cambiare subito prospettiva.
Vi dicevo del pomeriggio passato con Matilde a decorare la casa a festa, che si è concluso con la costruzione del nostro presepe. Mentre tiravo fuori i pezzi dalla scatola, lo sguardo di Matilde diventava sempre più interrogativo. Attraverso la fronte corrugata e le labbra strette leggevo tutti i dubbi che le stavano passando per la testa. Quell’espressione sembrava chiedere: perché una capanna? Perché ci sono gli animali? Perché la stella con la coda? Così ho deciso di prendere il “bue” per le corna e affrontare il tema, forse i 6 anni sono l’età giusta. Ho pensato. Ho fatto sedere Matilde sulle mie gambe e ho iniziato il racconto. Maria era incinta e con Giuseppe stava andato a Gerusalemme per fare un censimento. E subito: «Cos’è un censimento?». Non l’avevo considerato. Supero l’ostacolo e vado avanti. A un certo punto del cammino, il bambino voleva nascere e allora in tutta fretta si rifugiano all’interno di una stalla scaldata da un asino e da un bue. Finalmente nasce Gesù, il figlio di Dio. E subito: «Papà, ma non era Giuseppe il papà di Gesù?». In quel preciso momento ho capito che aveva bisogno di risposte più “vere” e che non avrei potuto nascondermi dietro a un raccontino. Così ho chiesto a Daniela Frizzele, pedagogista e madre di cinque figli («di cui uno in cielo») di raccontarmi la sua esperienza professionale e di madre.
In breve (per i pigri)
speciale a cura di Enzo Governale